Cosa succede se sovrapponi Kid A a se stesso con uno scarto di 17 secondi

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Leggenda o realtà? Tutto è partito da una dichiarazione apparentemente giocosa di Thom Yorke a un giornalista, circa la sovrapponibilità su se stessa della traccia Idioteque: di lì, il pandemonio. Fatto sta che sul web si dice che se si fa partire su un player Kid A, e dopo 17 secondi si fa partire lo stesso album su un altro player, il risultato è a dir poco interessante.

Siamo chiari, se non stessimo parlando dei Radiohead forse la questione sarebbe naufragata senza troppe storie, ma qui si tratta di musicisti geniali e soprattutto di un album che ha rivoluzionato la musica contemporanea mischiando elettronica e fusion, free jazz e post rock. E Kid A è stato rivoluzionario anche a livello di marketing (per questo una trovata come Kid 17 non sarebbe assurda): nessun singolo e soprattutto nessun videoclip prodotto, ma solo dei piccoli video chiamati blips distribuiti gratuitamente su internet, e se oggi la promozione online sembra una cosa fisiologica, all’epoca era davvero una trovata pioneristica.

Ma accanto ai blips e ai formati mp3, Thom Yorke e soci, anche qui pioneristicamente, diedero molta importanza alla produzione in vinile del disco: parliamo di un doppio LP 33 giri da 10 pollici (al contrario dei classici 12). La scelta del doppio LP e dei pollici fu dettata dalla volontà di esprimere al massimo ogni minima sfaccettatura dei diversi suoni prodotti (non per altro i 10 pollici sono diventati il formato canonico del noise rock e dell’elettronica): il risultato è un vero e proprio gioiellino che ogni collezionista degno di rispetto deve possedere nella propria collezione (e certo il ritorno del vinile negli ultimi anni ne ha aumentato la mitologia).

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Quest’uomo è capace di tutto.

Nell’ambito della produzione non sono certo da dimenticare i vari artwork di copertina realizzati da Stanley Donwood (assiduo collaboratore dei Radiohead): montagne pixelate che esprimono l’alienazione del tempo, l’alienazione dettata da una tecnologia sempre più pervasiva, il computer che modifica la natura con l’avvento del nuovo millennio; ma anche bambini che corrono su una neve troppo bianca che prende fuoco. Insomma anche qui siamo mille anni avanti rispetto alla produzione contemporanea, soprattutto per quanto riguardo il mercato rock mainstream (perché per quanto l’album sia tutto tranne che commerciale, i Radiohead venivano pur sempre dal successo planetario di Ok Computer).

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L’artwork di Stanley Donwood per il retro copertina di Kid A.

Ma arriviamo ora alla verifica di questo leggendario Kid 17. Parto dal presupposto che ho condotto il mio ascolto con come primo player Kid A su vinile e con come secondo player il medesimo album da computer.

Partiamo dal principio, e dunque dall’intro di Everything in Its Right Place: incredibilmente abbiamo una versione ancor più alienante dell’originale. Tuttavia la libido dell’amante medio dei Radiohead si innalza drasticamente quando Thom Yorke duetta con se stesso nel canto e controcanto serrato, con i versi “Everything” e “In its right place” che si incatenano in un ritmo molto concitato e che toglie il respito. Il verso “In its right place” resta a fare da sottofondo anche agli altri versi, rafforzando il sentimento di estraniamento già presente nel testo originale. Da ascoltare attentamente anche la parte strumentale finale, che si trasforma dal synth in dissolvenza che era, in una dissonanza elettronica che ricorda molto la versione live del pezzo.

Dopo la prima traccia dunque mi posso ritenere abbastanza soddisfatto: forse questi geni sono davvero così tanto folli da aver ideato una cosa simile. C’è anche da dire che la casualità del match potrebbe essere una possibilità: la struttura elettronica dissonante e che lascia ampio spazio all’improvvisazione dell’album, unita alla tecnica del Cut-up usata nei testi (procedimento preso dai dadaisti, versi pesati da un cappello e accostati totalmente a caso), rendono possibili una sovrapposizione di questo tipo.

Eppure la seconda traccia omonima di Kid A, spazza via ogni mia incertezza: il match è perfetto sin dalle prime due sequenze, poi le strofe si intrecciano a perfezione senza sovrapporsi e il drop diventa ritmicamente ancora più spinto dato che la drum machine viene raddoppiata. Il canto e controcanto di Thom Yorke crea un duetto meraviglioso: siamo di fronte a una versione migliore dell’originale.

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Anche quest’uomo è capace di tutto.

Le strofe continuano ad intrecciarsi contiguamente e senza sovrapporsi anche in The National Anthem, che conferma quanto di buono sentito nelle prime due tracce, d’altronde questo pezzo si presta facilmente a un’operazione di questo tipo: la struttura free jazz, sovrapposta a se stessa diviene ancora più caotica, e per questo ancora più jazz, arrivando a esprimere delle vere e proprie grida che si mischiano con gli acuti di Yorke.

Anche How to disappear completely funziona a livello ritmico, nonostante personalmente non ritengo ci possano essere paragoni con l’originale: certo interessante è il verso “I’m not here” che diventa quasi un sottofondo fisso, ma la chitarra raddoppiata dà un ritmo troppo concitato che male si sposa col significato del pezzo originale. Il match non risulta neanche troppo felice in Morning Bell (la batteria diventa fissa in sottofondo e dunque manca quel drop nel ritmo che è un po’ il sale del brano originale) e nella meravigliosa Motion Picture Soundtrack, la traccia di chiusura (la voce di Yorke si sovrappone all’arpa a metà brano, facendo perdere la forza ad entrambi, e l’organo elettrico diventa troppo dissonante), a cui però ammetto di essere troppo legato emotivamente per poter accettare qualsivoglia cambiamento nella struttura originale.

La vera scoperta, personalmente, è Idioteque: la voce di Yorke duetta alla perfezione con se stessa, e si sovrappone magistralmente in alcuni versi come “Who’s in a bunker” e “Everything all of the time“; inoltre il drop al minuto 2:17, se voluto, è davvero un momento di alta musica.

Leggenda o realtà, dunque? Alla fine dell’ascolto i dubbi rimangono, perché per quanto in alcuni casi il match risulti perfetto (Idioteque 17 e Kid A 17 su tutti), in altri non sembra molto riuscito e soprattutto voluto (How to disappear completely 17 e Motion picture soundtrack 17, che sicuramente pagano anche il ritmo non dissonante e armonico dei brani originali). Ma come detto, il gusto personale e l’attaccamento emotivo all’album possono avermi influenzato sia negativamente che positivamente nel giudizio, dunque se volete farvi direttamente un’idea, qui di seguito trovate l’intero album sovrapposto, il mitico Kid 17:

E se siete ancora in vena di chicche da tirar fuori da Kid A, vi consiglio queste due versione rallentate di Treefingers e di Idioteque, in cui mi sono imbattuto dopo aver messo erroneamente la velocità del piatto del giradischi su 45 giri invece che su 33, e di cui mi sono immediatamente innamorato.

(Nota bene: da ascoltare tranquillamente sul letto di casa propria, l’ascolto per strada o in compagnia di amici, parenti e conoscenti può avere effetti collaterali. Tenere lontano dalla portata dei bambini).

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5 comments

  1. Per quanto ami i Radiohead penso si tratti di semplice caso di musica diatonica senza cambi di tonalità, con bit serrati e pressoché sempre uguali… secondo me può venire roba simile anche con Jovanotti 😂

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