Edipo, Prometeo, Lucifero: i tratti mitici del dottor Frankenstein

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Tra i romanzi horror più letti e interpretati di sempre, Frankenstein di Mary Shelley nacque quasi per caso: fu nel Maggio 1816, in quello che in Europa divenne tristemente celebre come “L’anno senza estate” per via dell’estrema piovosità. Mary Shelley era a Ginevra, nella residenza di Lord Byron, col marito e la sorellastra, che di Byron era da poco diventata amante. La pioggia li costringeva a passare il tempo in casa a leggere storie di fantasmi, e fu quella a dare a Lord Byron l’idea di una sfida: avrebbero tutti provato a scrivere un racconto. L’idea in Mary Shelley si sviluppo più lentamente, nei tempi successivi, e venne poi evoluta fino a diventare un romanzo completo, pubblicato in forma anonima nel 1818.

Nonostante sia stato protagonista di numerosi adattamenti cinematografici che possono aver ridotto la carica filosofica del personaggio principale, quella di Victor Frankenstein resta una delle personalità più affascinanti e complesse della letteratura europea, racchiudendo in sé tratti ribelli che connettono il complesso di Edipo, il mito di Prometeo e la figura di Lucifero.


Tratti edipici in Victor Frankenstein

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Colin Clive in Frankenstein, film del 1931

Il rapporto tra Victor Frankenstein ed i suoi genitori è esplorato perlopiù nella prima parte del romanzo, in cui si narra l’infanzia del protagonista.

Victor dice di aver vissuto un’infanzia felice, senza alcun problema, e di essere stato amato ed accudito. Nella sua narrazione, non c’è niente che potrebbe far direttamente pensare ad un’attrazione per la madre. Tuttavia, il suo comportamento palesa una sorta di complesso di Edipo che, sebbene non evidente, ha una funzione cruciale nello sviluppo della trama.

Il primo segno dell’inconscia attazione di Frankenstein per la madre potrebbe essere vista nella figura di Elizabeth. La ragazza è chiamata “cugina” da Victor, sebbene sia di fatto una sorella adottiva. L’Elizabeth adulta ha una personalità molto simile a quella della madre di Frankenstein, soprattutto nell’attenzione verso i più deboli. Ma ancora più rilevante è il sogno in cui Victor insegue una Elizabeth che si trasforma nella defunta madre di lui, avvolta in un sudario. Nella mente dello scienziato, Elizabeth è dunque un alter-ego della madre, tanto da divenire lei stessa. Quando Elizabeth lo interroga sui suoi sentimenti, Victor dice (confermandolo poi al padre) di averla sempre amata e di aver sempre desiderato sposarla. Se Elizabeth, dunque, è una proiezione della madre di Victor nella mente di quest’ultimo, è ovvio come lui abbia sempre avuto un inconscio desiderio edipico, soddisfatto nell’unione con la ragazza. Oltretutto, il desiderio incestuoso per la madre si traduce in “incesto amministrativo” con la sorella adottiva.

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Frankenstein ed Elizabeth ne La moglie di Frankenstein, film del 1935

Un altro elemento edipico in Victor è il rapporto con il padre, cruciale per capire le azioni dello scienziato. L’attrazione edipica per la madre porta a considerare il padre come un avversario, un ostacolo da superare. Il padre è un “nemico” che impedisce la soddisfazione del desiderio, e deve quindi essere sconfitto. Come detto, Victor sostiene di aver avuto un’infanzia assolutamente felice, in cui non ha ragioni per ribellarsi o perfino provare alcun risentimento verso i genitori. Eppure, Victor si ribella al padre.

Quando il giovane Frankenstein scopre e si affeziona ai libri di scienza naturale di Menenio Agrippa, il padre li definisce superati, suggerendo al figlio di leggere altro. Per la prima volta Victor si rifiuta di seguire il consiglio del padre e, offeso e ferito, li legge in segreto. La forza della reazione di Victor suggerisce che la causa di tanto risentimento non può essere solamente la condiscendenza con cui il padre tratta quei libri. Se Victor ha sempre desiderato inconsciamente la madre, ai suoi occhi il padre non è mai stato che un ostacolo; pertanto, il suo atto di disobbedienza non è una conseguenza dell’episodio, ma di un sentimento covato inconsciamente per anni.

Il contenuto di quei libri porta Victor a prediligere le Scienze Naturali, forse come ulteriore ribellione al padre, ed è anche la ragione per cui Frankenstein andrà a studiare all’università di Ingolstadt.

L’atto di rivolta di Victor è il peccato originale che innesca la catena di eventi che porterà le persone a lui care e lui stesso alla morte. Senza la sua disobbedienza al padre, Victor non avrebbe letto quei libri, non si sarebbe affezionato alle Scienze Naturali, non avrebbe desiderato scoprire i segreti della vita e della morte e pertanto non avrebbe mai creato il “mostro”. Il peccato di Victor è cosí un peccato “mortale” in senso lato.


Da Edipo a Prometeo a Lucifero

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Peter Cushing interpreta Victor Frankenstein nei film della Hammer

La ribellione edipica contro il padre può essere applicata per estensione alla società, acquisendo un significato più vasto. Il “padre” non è più solamente un genitore, ma è rappresentato da ogni uomo in una posizione di potere, verso cui l’obbedienza è dovuta o prevista. Nella ribellione contro questa figura paterna estesa, l’elemento sessuale dell’attrazione verso la madre si perde, rendendo l’opposizione padre/figlio il centro del complesso.

All’università, Victor commette una seconda ribellione: la sua decisione di creare il “mostro” deriva dal desiderio di superare i suoi professori, acquisendo una conoscenza che questi non possiedono.

Specialmente nella sua estensione sociale, lo scontro edipico contro il padre è facilmente trasferibile alla lotta di Prometeo contro gli dei. D’altra parte, il sottotitolo stesso del romanzo (la versione completa in originale è “Frankenstein; or the Modern Prometheus”) esplicita il parallelismo tra Victor Frankenstein e l’eroe del mito Greco.

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Il mostro interpretato da Boris Karloff

Victor vuole appropriarsi della facoltà di creare la vita, prerogativa divina: la sua ribellione più grande è quindi contro Dio e le sue leggi, non solo contro le autorità che lo rappresentano (anche) in quanto padre. La rivolta contro l’Autorità per eccellenza dà a Victor Frankenstein i tratti di un altro ribelle primordiale, Lucifero. Tanto l’angelo caduto quanto il titano sono in relazione con la creazione dell’uomo e il dono dell’intelletto, seppure in ordine inverso rispetto al castigo ricevuto: se il dono del fuoco di Prometeo agli uomini ne è la causa, la tentazione del serpente nel giardino dell’Eden ne è quasi una conseguenza. In entrambi i casi, il risultato è una conoscenza acquisita dagli uomini contro il potere divino, come quella di Frankenstein contro le leggi naturali, e per tutti e tre, il risultato è la morte: per i primi due si tratta della perdita dell’immortalità del genere umano, mentre per Victor è la morte vera e propria (sua e dei suoi cari, come accennato in precedenza). Ironicamente, la conoscenza è causa di morte anche nel mito di Edipo: la rivelazione della verità porta Giocasta, madre e moglie di Edipo, al suicidio. Tutti e quattro i casi rappresentano il costante dubbio umano sui propri limiti e sulle conseguenze che il loro superamento comporta.

Il personaggio di Victor Frankenstein, tanto complesso nei riferimenti e nella costruzione, è dove davvero risiede la grandezza di Mary Shelley: un personaggio che lotta con tutte le sue forze per superare i limiti della propria natura, che tragicamente resta memorabile proprio per la perfezione della sua umanità.

Miguel Forti

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