Tales From The Citadel: la società contemporanea secondo Rick and Morty

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Rick and Morty è una della serie animate più chiacchierate del momento, negli Stati Uniti e anche da noi in Italia, e grazie alla piattaforma Netflix sta iniziando a generare una community di fans abbastanza ampia. L’ultima puntata della terza stagione della serie creata da Dan Harmon e Justin Roiland per Adult Swim è andata in onda una settimana fa negli Stati Uniti, ed è ormai solo questione di pochi giorni per cui la stessa terza stagione arrivi doppiata in italiano su Netflix.

I motivi del successo della serie sono molteplici. Prima di tutto la molteplicità dei livelli: la serie infatti intrecciando fantascienza e sitcom familiare, fisica avanzata e  dissacrante ironia sociale, può essere apprezzata tanto da uno studioso di meccanica quantistica quanto da un semplice ragazzo abituato all’ironia alla Simpson o alla Griffin, per intenderci.

La serie narra delle folli avventure in vari multiversi del vecchio scienziato pazzo Rick, accompagnato dal suo fedele nipote Morty, ragazzino insicuro, con problemi di socializzazione dettati anche da un’evidente balbuzie (tra l’altro condivisa con lo stesso nonno). Completano il quadretto familiare Beth (figlia di Rick e madre di Morty), classica figura femminile che ha abbandonato la propria carriera e i propri sogni per crescere i suoi figli e che ha un disperato bisogno dell’affetto del padre (reo di averla abbandonata da piccola), il marito Jerry, esempio di maschio fallito, passivo-aggressivo e con evidenti complessi di inferiorità, e la figlia Summer, adolescente poliedrica, personaggio dinamico e motore della serie insieme a Rick e Morty.

Tanto si è parlato del senso più profondo di questo cartone animato nato come parodia di Ritorno al Futuro, e che cita di tutto, da Mad Max a Cronenberg; ma per questi discorsi vi consigliamo il seguente video di Will Schoder, in cui vengono ben esplicati i rimandi filosofici della serie, che spaziano dal nichilismo alla filosofia dell’assurdo di Camus.

In questo articolo ci vogliamo invece concentrare in particolare su un episodio della terza stagione (come detto ancora non disponibile su Netflix): Tales from the Citadel (3 x 07), una vera e propria immagine impietosa della nostra società contemporanea.

La puntata si stacca dalla serialità, e racconta una storia a parte: in una delle infinite realtà parallele di cui si racconta nella serie, infatti, Rick stanchi della normale vita delle loro seccanti dimensioni, hanno deciso di fondare un proprio governo di Rick, ma nella dimensione sono presenti anche i Morty, esseri degradati , di rango inferiore ai Rick e di fatto senza veri diritti. Come fa capire il nostro Rick originale (il C-137) all’inizio della puntata, la Cittadella è metafora del vivere associato, una situazione in cui si possono trovare a proprio agio solo “gli stupidi o gli schiavi delle proprie idee”. Ed infatti ogni Rick, che nella propria dimensione era unico e speciale, per fuggire dal governo, e creandone uno proprio, ha perso la propria originalità: nella Cittadella vi sono Rick poliziotti, Rick operai, Rick nobili, tutti differenziati solo e unicamente per il loro ruolo sociale (incredibile metafora del capitalismo moderno). I Rick e i Morty si distinguono solo per particolari estetici (Morty Grasso) o comportamentali (Morty con un impianto di tragicità in sé che per protezione esterna un carattere duro, si arrotola le maniche della maglietta e ostenta un ciuffo alla Elvis). Ma i Morty sono inferiori per natura ai Rick, e senza un Rick (ovvero senza una guida, una famiglia, una qualsivoglia istituzione) si perdono nello squallore di Morty Town, metafora del ghetto, in cui Morty poliziotti che ormai, non credono più nella parità di condizione tra Rick e Morty, uccidono senza problemi altri Morty, a cui nessuno mai presterà attenzione.

Tales from the Citadel | Rick and Morty | Season 3 | Adult Swim

Le strade per continuare a vivere per i Morty non sono molte, come dice il Morty-Ciuffo già citato “non ci sono speranze per i Morty a Morty Town”, ci si può quindi di fatto suicidare, buttandosi in un pozzo attorniato da leggende, sperando in una vita migliore nell’Aldilà (metafora religiosa, macabramente ironizzata, in quanto questo pozzo delle meraviglie altro non è che una discarica), o si può scendere a compromessi per sopravvivere, per crearsi un proprio spazio vitale, come fa il Morty-poliziotto corrotto. Questo almeno fin quando non arriva la speranza che spazza via tutte le paure, ovvero il candidato sindaco alla Cittadella del Partito dei Morty, dato per spacciato per tutta la campagna elettorale fino al suo vibrante e commovente discorso, un master di populismo moderno con qualche venatura di regime autoritario novecentesco:

Non vedo nessuna categoria, nessuna opposizione tra i Rick e i Morty, ma tra i Rick e i Morty che prosperano e noi altri. Vedo Morty a cui viene insegnato di essere tutti uguali, per non far spiccare le loro individualità e a cui vengono date armi per lottare tra di loro invece che contro le vere ingiustizie. Vedo Rick che lavorano nelle fabbriche pur avendo lo stesso quoziente intellettivo degli altri Rick.

Vi sono tantissimi richiami alla politica contemporanea in questo discorso: vi è il più becero populismo (opposizione tra noi brava gente, gente che lavora onestamente ma non ha risultati e gli altri che prosperano, che hanno più soldi, che ci rubano il lavoro, che vengono da un’altro Stato), vi è l’attualissimo dibattito sul secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti per cui ogni cittadino americano ha il diritto di possedere un’arma, con Morty (strati più bassi della popolazione) che fanno stragi tra di loro senza attaccare i Rick (strati più alti e dominanti della popolazione), che a loro volta annullano la propria “superiorità” nel crearsi una gerarchia sociale.

Esempio lampante di questo processo di de-individualizzazione è la storia del Rick operaio nella fabbrica dei biscotti Simple Rick che stanco di essere comandato da altri Rick che hanno “il suo stesso identico quoziente intellettivo e la sua stessa età” uccide il suo superiore e prende in ostaggio lo stesso Simple Rick (che altro non è che un distillatore di lacrime di gioia per la creazione di biscotti) per scappare via dalla Cittadella, dal vivere associato, per sentirsi di nuovo speciale, libero. Viene dunque esemplificato il processo che porta a una strage (anche qui, strettissima attualità statunitense), che raramente accade per un ictus di pazzia ma più spesso avviene per una lunga catena di prevaricazioni subite. Questo sentimento di libertà ottenuto, il sentimento di “aver infranto la menzogna più grande” verrà distillato come nuovo Simple Rick, prima dell’uccisione dello stesso Rick-operaio; questo forse è il momento più forte e disincantato della puntata: la realizzazione dei propri personali sogni in un mondo alla 1984 di George Orwell che ci controlla è solo apparenza, è solo una condizione che di fatto gli altri hanno voluto per noi, la felicità, il piacere, non è altro che un’illusione, uno spot televisivo per la vendita di biscotti (ogni riferimento della serie a Schopenauer realmente esistiti è puramente casuale). Quale sarà dunque la risoluzione di cotanto nichilismo? Come dice il Rick- commentatore televisivo: “bisogna apprezzare ciò che abbiamo, perché potrebbe sempre andare peggio”, messaggio che è un vero e proprio saggio di determinismo verghiano: chi cerca di salire nella scala sociale, andrà, prima o poi, incontro alla più nera disfatta.

Questo universo di insoddisfazione, di compromessi, di ricerca di una vita migliore al di fuori della Cittadella, che sia essa in un’altra dimensione o in un ipotetico Paradiso-discarica, viene dunque ravvivato dalla vittoria alle elezioni di un Morty, immagine del leader populista che si distacca dai poteri forti, che viene dalla povera gente e lotta per la povera gente. Emozionante è il finale della puntata in cui si mostra come un populismo si può evolvere solo e unicamente in una dittatura: il nuovo presidente Morty elimina tutti i capi delle più grosse aziende, delle banche, che “governavano la Cittadella prima di un governo” (altra impietosa metafora del governo capitalistico contemporaneo), in quanto, come dice egli stesso, lasciandosi alle spalle una serie infinita di cadaveri e di verità nascoste (un consiglio per la vera identità del Morty presidente: attenzione alla canzone finale):

Ora dovrei fare un discorso sulla politica, sull’ordine, sulla fratellanza, sul potere. Ma i discorsi sono per le campagne elettorali, ora è il momento di agire.

Questa memorabile puntata della terza stagione è dunque un vero e proprio monito: nel nostro universo di incertezze e insoddisfazioni personali, non bisogna cercare un senso alla propria vita nella religione (ironicamente esemplare il passo in cui i compagni di scuola di Morty-Ciuffo danno il merito del cambiamento al suicido del loro amico, invece che al cambiamento della guida al governo), o nel compromesso, bisogna apprezzare le piccole cose della vita, senza lasciarsi affascinare da un pericoloso populismo che sembra la risposta definitiva a tutto, ma che in realtà è la parola fine alla libertà: ancora una volta, quindi, il genere fantascientifico diventa un meraviglioso mezzo per criticare la società contemporanea senza il pericolo di censure.

Sembra quasi pleonastico consigliare vivamente di guardare, o meglio, di fagocitare nel minor tempo possibile, le tre stagioni di questa straordinaria serie, che è qualcosa di più di una semplice comedy di fantascienza alla Futurama; ma non provatelo a dirlo ai suoi creatori, se non volete che vi ridano in faccia, in fondo la vita non va presa sul serio, e come dice Morty:

Nessuno esiste deliberatamente. Nessuno appartiene a qualche luogo. Tutti finiamo per morire. Vieni a guardare la TV.

Le stagioni complete di Rick & Morty sono su Amazon.

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