Sinestesia e arte: quando Kandinsky dipinse la musica di un concerto

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“Il 2 Gennaio 1911, alle sette e mezzo di sera, Wassily Kandinsky assistette a un concerto di Arnold Schönberg a Monaco. Il giorno dopo, dipinse quel concerto.”

The New York Times, Marzo 2013

Esiste un termine scientifico ben preciso che descrive la rara capacità di un individuo di percepire degli stimoli sensoriali come impulsi capaci di sollecitare un senso differente da quello iniziale: sinestesia. “Sentire il suono dei colori, l’odore delle parole, il sapore delle forme”. Si dice che una persona su 2000 abbia questa particolarità, a volte vissuta come una sensazione incontrollabile. Ci sono musicisti capaci di comporre musica come conseguenza diretta di ciò che vedono: si dice che Tori Amos, Duke Ellington, Billy Joel e Pharrell Williams siano tra questi. Kandinsky, invece, vedeva la musica. E in questo modo inventò la pittura astratta.

Esistono diverse teorie sulla fondatezza scientifica della sinestesia di Kandinsky. Per molti si trattava di una vera e propria alterazione sensoriale, per altri di un semplice talento estetico innato. I più romantici han voluto fidarsi delle sue stesse parole, pronunciate dopo un altro concerto, il Lohengrin di Wagner: “Ho visto tutti i miei colori nello spirito, davanti ai miei occhi. Le linee selvagge, quasi folli, apparirono disegnate davanti a me“. Se Kandinsky fosse davvero in grado di vedere i suoni è materia destinata a restare nell’ambito della leggenda, ma sulla sua capacità di rappresentare l’armonia su tela in un linguaggio di cui fosse perfettamente padrone non c’è dubbio: la storia vuole che la Composizione VII, uno dei suoi lavori più audaci nonché uno dei più grandi, dipinto in una tela larga tre metri e alta due, sia stata realizzata in soli tre giorni.

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Wassily Kandinsky, Composizione VII, 1913

Quel famoso concerto di Monaco del 1911 fu però quello che decise la netta svolta dell’arte di Kandinsky. A quel tempo il pittore aveva 45 anni, non esattamente un giovanotto alle prime armi, eppure la sua estetica era tutt’altro che consolidata: la visione, l’ispirazione avuta dalla musica di Schönberg diede il via alla sua fase più avanguardistica. La sua arte iniziò a prescindere dalla realtà, gli oggetti persero le forme originali e iniziarono a diventare dei concetti astratti. Se è vero che Kandinsky è uno dei primi autori di arte puramente astratta, allora il merito di aver offerto la spinta va ad un altro artista, visionario e amante della sperimentazione: Arnold Schönberg, austriaco, compositore, teorico musicale e pittore.

Il concerto di quella sera era piuttosto articolato, ma la parte che più colpì Kandinsky furono i Three Piano Pieces, Opera 11. Un’opera nervosa, inquieta, le note che sembrano combattere l’una contro l’altra in un continuo formarsi di dissonanze e cambi di passo. Un’opera robusta e sanguigna, come spesso le composizioni al pianoforte sanno essere.

A prescindere dalla certezza o meno che Kandinsky abbia davvero visto le note di quel concerto, resta il fatto che la sua fase astratta iniziò lì. Il 1911 fu l’anno di fondazione del Blue Rider, il gruppo d’avanguardia che oltre Kandinsky annoverava tra le sue file Paul Klee, Franz Marc, August Macke e diversi altri. Il blu per Kandinsky è il colore dello spirito. Quell’anno venne pubblicato anche On the Spiritual in Art, lo scritto in cui Kandinsky teorizzò il ruolo supremo dell’arte per l’essere umano, una prospettiva che poneva l’artista in cima a una piramide-guida per gli uomini.

E il 1911 è anche l’anno in cui dipinse Impression III (Concert). Il dipinto che rappresentava il concerto di Monaco e i Three Piano Pieces. Colori accesi e forme concettuali, dietro le quali in molti vedono un grosso pianoforte nero e il pubblico che assiste al concerto. Impressioni, Composizioni, Improvvisazioni: è così che a un certo punto Kandinsky iniziò a intitolare le proprie opere. Usando un linguaggio tipico dei musicisti. Rendendo esplicita la forte dipendenza tra la sua arte e la musica.

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Wassily Kandinsky, Impression III (Concert), 1911

A partire da quell’anno i dipinti di Kandinsky si fecero sempre più audaci, culminando nella serie di dieci Composizioni astratte che si chiuse nel 1939. Serie che in realtà era cominciata già da prima, e che in uno dei momenti più bui della storia dell’uomo fu presa di mira dal regime nazista, notoriamente contrario all’arte moderna, che acquisì le prime tre composizioni per la famigerata mostra Degenerate Art. Da lì l’esposizione al pubblico ludibrio come “arte scellerata” e il processo di liberazione da quell’estetica, culminata nel rogo del 1942 che distrusse un quantitativo inestimabile di opere di Picasso, Dalì, Mirò, Klee, Ernst e Kandinsky. Quel che sopravvisse bastò a creare il mito dell’arte capace di astrarre la realtà. Discussa, sicuramente soggetta ai gusti e alla diversità d’opinione, ma capace di stimolare le capacità innate della mente umana più di ogni altra cosa.

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