Non Al Denaro, Non All’amore, Né Al Cielo: l’elevazione poetica di De André

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Oggi vi portiamo in un luogo dove la poesia e la musica si fondono. Diventano un tutt’uno e creano qualcosa che va oltre tutte le melodie, le armonizzazioni e i testi di un semplice artista. Il luogo ha un nome che può sembrare enigmatico, si chiama Non Al Denaro, Non All’amore, Né Al Cielo e il guardiano alla porta è Fabrizio De André.

De André era un uomo che, dalle sue fragilità, sapeva creare pensieri, versi, sensazioni vere. Ispirandosi alla musica francese, americana, al folk, ai poeti maledetti, è riuscito a creare veri capolavori della musica italiana. Quello che vi raccontiamo è uno dei suoi migliori album, datato 1971, un altro di quei concept così tanto amati dal cantautore genovese, che l’anno prima aveva pubblicato La Buona Novella, ispirata ai vangeli apocrifi.

Tutto il lavoro nasceva da un libro che Faber aveva letto durante l’adolescenza, a circa diciotto anni: L’antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Pubblicato in lingua originale nel 1916, era stato poi tradotto da Fernanda Pivano nel 1943. Sono storie sincere, crude, taglienti, ma allo stesso tempo storie di tutti noi. Storie di paese. Storie di vita. Storie di un’America lontana, che però si sarebbero potute svolgere in uno di quei borghi dell’Appennino, della Pianura Padana, delle Alpi. Un fil rouge che avrebbe potuto collegare l’Illinois con Piacenza, il Kansas con Cuneo e avanti così.

Ma questa è la storia di un uomo, di un poeta… e quindi è giusto cominciarla a raccontare.

Adattato fedelmente alla prima poesia della raccolta, De André ne La collina racconta la storia di un uomo che torna al paese dopo molti anni e chiede alla madre del destino che è toccato alle persone che conosceva, citando quasi tutti i personaggi delle successive canzoni, anticipando che il loro posto è ormai lassù. Tutti “dormono sulla collina”.

Dopo questa introduzione, lo sguardo del cantautore si sposta sulle storie dei singoli personaggi, raccontando con piccole e semplici pennellate tutto il mondo che sta dentro all’anima dell’uomo di turno.

Per primo c’è Un Matto. Una delle più brillanti composizione di De André, dove alcuni versi originali vengono riscritti con ancora maggiore impatto, raccontando uno dei tanti pagliacci che ogni borgo tiene dentro sé. Uno di quelli che vengono additati dalla gente come pericolosi, pazzi, e che forse sono semplicemente uomini con una vita loro e un loro ideale. “E la luce del giorno si divide la piazza/ tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa.”

Poi arriva Un Giudice, la storia di un nano che, deriso dalla gente negli anni, decide di diventare appunto procuratore, vendicandosi di tutti i soprusi subiti negli anni, arrivando ad abbassare ancora di più la sua statura morale.

Un Blasfemo è la possibilità per Faber di trattare il suo rapporto con Dio, argomento che gli sta molto a cuore, avendo egli stesso una spiritualità molto accentuata (sebbene, spesso lontana dalla logica cattolica). Questo bestemmiatore abituale viene arrestato per il suo comportamento antisociale e in carcere viene ucciso a suon di botte da “due guardie bigotte”. Il significato del brano sta proprio nell’arrabbiatura contro Dio, colpevole di aver fatto credere che il mondo fosse solo Bene, mentre in realtà la lotta è sempre stata tra il Bene e il Male.

Nel proporre un passaggio dolce e struggente allo stesso tempo, ci imbattiamo in Un Malato di Cuore. Con un’emotività erotica molto alta, ma mai volgare, narra la passione di due amanti, visti dagli occhi di un uomo rabbioso, che per l’invidia verso questo sentimento diventerà malato di cuore. E da questa canzone, più che da altre, traspira anche l’ispirazione dalle leggi del contrappasso dantesche.

Un Medico è il brano che più è fedele alla poesia originale. Al contrario del giudice, il dottore parte nella sua avventura lavorativa con le migliori intenzioni, ma viene fermato dal confronto con la realtà sociale, che lo costringe è rinnegare la sua voglia d’amare per scoprire che “fare il dottore è soltanto un mestiere”. In questo modo, il medico si ritrova a essere condannato, alla fine della canzone, per truffa, avendo fatto credere ai pazienti di avere prescritto loro un finto elisir di giovinezza.

Quando arriviamo a Un Chimico, ci imbattiamo nel racconto di un farmacista che muore. Talmente perfetto, che si può sintetizzare in pochi versi della canzone: “È strano andarsene senza soffrire \ senza un volto da dover ricordare \ Morto in un esperimento sbagliato \ proprio come gli idioti che muoion d’amore \ e qualcuno dirà che c’è un modo migliore.”

Un Ottico, invece, si diverte a diventare “spacciatore di lenti”, procurando ai propri clienti delle lenti che aiutano a creare il mondo che vogliono vedere i clienti stessi. Creando visioni degne delle migliori esperienze psichedeliche nelle droghe sintetiche, e che ricordano spesso l’angoscia dei migliori episodi di serie tv quali Black Mirror.

…e infine c’è il personaggio migliore. Quasi un atto di fede di De André: Il suonatore Jones. Un uomo che ha ereditato dei terreni, ma che si vanta di non aver mai toccato l’aratro perché lui vive per la musica, portando avanti il concetto di libertà (un’idea fondamentale nella poetica di Faber, da sempre uno dei nostri cantautori più vicini al mondo dell’Anarchia, come ideale).

“Libertà l’ho vista svegliarsi
Ogni volta che ho suonato
Per un fruscio di ragazze
A un ballo
Per un compagno ubriaco

E poi se la gente sa
E la gente lo sa che sai suonare
Suonare ti tocca
Per tutta la vita
E ti piace lasciarti ascoltare”

Quest’ultimo è colui che vive la vita per gioco, dedicandola per intero alla propria arte. Come – in fondo – Fabrizio stesso.

 

8 comments

  1. Di sicuro un capolavoro, e come tale soggetto a diverse interpretazioni. Però, questo è il mio modesto parere, non mi sembra che in “dormono sulla collina” citi i personaggi delle canzoni successive, come hai scritto, viceversa, cita solo il suonatore Jones, che è protagonista dell’ultima canzone, secondo uno schema circolare. Nella canzone “un malato di cuore” non mi sembra che il protagonista si ammali per invidia verso il sentimento dell’amore o altro, sembra, viceversa, che nasca già malato alla nascita e che muoia, appunto, per la troppa emozione sentita quando bacia una ragazza, né sembra rabbioso, anzi. Questo è la mia opinione.

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