I live dei Radiohead in Italia: 5 motivi per cui ne è valsa la pena

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Non è stato facile, almeno a giudicare dal buzz generato sui social. Le recenti date italiane dei Radiohead a Firenze e Monza sono state un evento controverso, tra entusiasmi a mille in tempi precoci, proteste dei soliti, mood cambiato in corsa e un certo numero di rivendite di biglietti al momento che i live andavano avvicinandosi. Più ovviamente le opinioni post-evento, tra chi c’era ed è stato più che soddisfatto, chi non c’era e denigra chi ha apprezzato e chi considera l’intero confronto ingiustificato.

Eppure no, ingiustificato non lo è. Per portata del nome e frequenza con cui li si vede live, la presenza dei Radiohead in Italia è uno di quegli eventi rilevanti che richiedono un certo grado di analisi. E la verità è che alla fine ne è valsa la pena. Per i motivi che vi raccontiamo a seguire, come riferimento a cui tornare quando il prossimo concerto dei Radiohead arriverà. Possibilmente senza polemiche infondate a contorno.


La portata dell’evento

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Radiohead live @ Firenze, 14 Giugno 2017, foto di OnStage

Il ritorno dei Radiohead nel nostro paese, già nei mesi che hanno preceduto l’avvicinamento ai due concerti, rappresentava un crocevia importante per tastare le sensazioni di un pubblico comunemente sopito e distratto a livello musicale – per usare un eufemismo – che doveva fare i conti con la forza di un evento dalle aspettative altissime. Più grande del solito. Più grande di noi, probabilmente. E il motivo non è così semplice da individuare, ma scorre attraverso diverse chiavi di lettura. Perché, senza girarci troppo intorno: si tratta solitamente di un live che aspetti da una vita e che aspetteresti per altrettanti anni, che ti fa sognare ad occhi aperti solo perché sai di esserci. Esserci, però, non per il gusto di esibire il biglietto sui propri social, ma per l’entusiasmo di poter assistere veramente a qualcosa di imprescindibile, se ami la musica. È una di quelle reazioni che si può dire di poter provare solo per via dello sviluppo di certe cornici, con determinati personaggi. Abituati ai palazzetti e gli stadi riempiti dagli ordinari volti della canzone nostrana, succede che il richiamo del grandissimo act di respiro internazionale spiazza anche la considerazione di chi non c’ha capito mai nulla di Ok Computer, però a buon ragione vuole capire perché tutti ne parlano da vent’anni.

La band britannica, assente dall’Italia da ormai parecchio, aveva già causato un tale effetto quando è tornata a calcare i palchi più prestigiosi in giro per il mondo, dopo l’uscita di A Moon Shaped Pool, che spezzava un silenzio perentorio datato 2011, durante il quale l’hype si è prevedibilmente alzato a dismisura. Una grandiosità del genere, in lidi più lontani dallo stivale, ha quasi il sapore del normale ciclo di eventi, una fase di limpida curiosità per il nuovo. Non disturba per la quantità di pathos che farà scaturire, perché – specie dal web 2.0 in poi – è come se in realtà tutto ci sia sempre, bisogna solo fare refresh e ricalcolare un percorso.

Al contrario, per Firenze e Monza la bolla si espansa sì, tantissimo, ma a far discutere tutti non è stata la musica (che, insomma, sarà il vero motivo per cui anche noi stiamo scrivendo questo articolo, no?). Per fortuna, diremo, il contraccolpo non ha causato spargimenti di sangue, è stato breve – anche se intenso – e la capacità di prepararsi per le cose serie, piuttosto che alle burle, ha prevalso. Persino i meno avvezzi al linguaggio dei Radiohead, persino chi magari avrà passato settimane a fare ironia sui social per la ridente storiella sui biglietti invenduti e smerciati al primo offerente: a un certo punto il teatro è stato sgombro, e c’era spazio solo per parlare del concreto.


Gli highlights delle due date

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Radiohead live @ Firenze, 14 Giugno 2017, foto di OnStage

L’Italia, per un breve periodo di tempo che corrisponde alle quasi due ore dell’esibizione di Yorke, Greenwood e compagnia (e quindi evitando eccezionalmente di approfondire la questione organizzativa, che andrebbe vista a parte, altrove), si è riunita sotto lo stesso cielo, in due città differenti, con la medesima fascinazione.

Il concerto, per tutti i motivi sopra, non poteva che avere un impatto rilevante. E badando al sodo, i Radiohead sembra abbiano veramente perseguito un risultato del genere, gettando il cuore oltre l’ostacolo e sintetizzando istantanee della loro storia e passaggi di consegna con il nuovo corso appena creato. La certezza, all’interno di uno show di questo tipo, è che ci sarà sempre il momento topico che catalizzerà l’attenzione. Se ne ha immediatamente la percezione quando, dopo gli snervanti minuti durante l’allestimento del palco, partono le note di Daydreaming, con il suo soffice pianoforte trasognante.

Scelta magnetica, che dirige subito le cose verso il posto giusto: nell’andirivieni di citazioni gloriose su cui la tradizionale duttilità stilistica del complesso di Oxfordshire può contare, c’è tutto quello che il fan, che ha macinato chilometri e atteso lungamente per assistere allo spettacolo, si aspettava. Forse anche molto di più, a giudicare dai volti e dalle espressioni incantate della folla, che si lascia andare in una sentita rivoluzione dello stato d’animo sulle curve di All I Need, Everything in its Right Place, Fake Plastic Trees. L’epicità, Thom Yorke, la tocca quando annuncia scherzosamente Creep, in un goffo italiano che diverte la platea: “non posso fare questa!”. Il motivo per cui si dispensano sorrisi immediatamente dopo, spigheremo ai più giovani, è tutta la storia dentro Radiohead e il loro mondo, che viene condensato in quei quattro minuti, e che sotto un cielo stellato con 60.000 presenze rende tutto ancora più mistico.


Le scalette pensate su misura per i fan

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Radiohead live @ Monza, 16 Giugno 2017, foto di VirginRadio

L’attesa del pubblico era ovviamente soprattutto rivolta alla scaletta dei live, per diversi motivi. È quella che definisce gran parte della riuscita di un live e, soprattutto, del livello di soddisfazione del pubblico. Pubblico che in realtà era ben predisposto fin dall’inizio: a Firenze il sole stava quasi tramontando e il pubblico non faceva altro che gridare: “Radiohead! Radiohead!”. Il caldo asfissiante era stato placato da una leggera brezza estiva.

Piano piano la band sale sul palco: Thom, Jonny, Ed, Colin e Phil si fanno strada sulle loro rispettive postazioni tra pedaliere, amplificatori, batterie e sintetizzatori. Si sentono ben chiare delle note di pianoforte. Il concerto inizia con una atmosfera sognante. Daydreaming è il pezzo di apertura scelto dalla band. Thom inizia a cantare e tutti in coro seguono la melodia.

La primissima parte del concerto è dedicata tutta all’ultimo disco, uscito l’anno scorso, con Desert Island Disk e Ful Stop che preparano il pubblico per l’altro grande trait d’union delle due date italiane: il ventennale di Ok Computer. Partendo dal riff meccanico di Airbag che ha infiammato entrambe le date si comprende la volontà da parte del gruppo di omaggiare uno dei classici della loro produzione. A Firenze abbiamo assistito a Let Down che, con il suo crescendo finale, ha rappresentato uno dei momenti più intensi della serata e a Lucky che non smette, nonostante i vent’anni compiuti, di incantarci. A Monza invece i Radiohead hanno eseguito No Surprises che con la sua apparente dolcezza ha cullato e fatto cantare il pubblico. Ovviamente non sono mancati i classici di quel disco: Paranoid Android e Karma Police restano di fatto intramontabili. Va sottolineata inoltre l’esecuzione di Exit Music for a Film che è stata suonata in entrambe le date. Il pubblico ha smesso di cantare per poter ascoltare in religioso silenzio la voce e la chitarra di Thom fino al culmine finale segnato dall’ingresso dei restanti strumenti.

Per il resto entrambe le date hanno visto il gruppo di Oxford regalare davvero dei grandi classici al pubblico italiano complice l’amore mai tanto nascosto per il nostro paese: Weird Fishes, Idioteque, Lotus Flower, Fake Plastic Tree sono fra i tantissimi brani suonati che hanno fatto cantare a squarciagola il pubblico delle due date. Come se non bastasse alla fine del concerto di Monza il pubblico ha potuto addirittura assistere all’ esecuzione di Creep, quella che è stata definita dai Radiohead stessi il loro “Iron Lung”, che li ha tenuti in vita rischiando paradossalmente di ucciderli. È così che si soddisfa un pubblico: alternando colpi a sorpresa a conferme che soddisfano le aspettative. E anche stavolta, tutto ha funzionato a dovere.


L’attitudine della band sul palco

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Radiohead live @ Monza, 16 Giugno 2017, foto di VirginRadio

La cosa più bella è stata vedere che i cinque di Oxford si sono presentati sul palco con un grande entusiasmo, manifestando la volontà di essere lì a suonare. Yorke è stato davvero sorprendente da questo punto di vista: ha alternato frasi simpatiche in italiano e ha interagito moltissimo con il pubblico. L’atteggiamento del gruppo è stato davvero rilassato: sembra quasi che abbiano raggiunto la piena consapevolezza della loro maturità artistica e abbiano deciso un po’ di autocelebrarsi. Tutto ciò che toccano i Radiohead sembra trasformarsi subito in oro.

Da questo punto di vista, gli anni tormentati e paranoici di Ok Computer sono ormai stati pienamente superati. Paradossalmente il gruppo ha celebrato con tranquillità il ventennale dell’album dimostrando appieno quella maturità artistica che era iniziata definitivamente con In Rainbows del 2007. Molto interessante è inoltre l’attitudine della band nei confronti del concerto rock in generale. Sembra quasi che il gruppo sia riuscito a trovare davvero la propria dimensione ideale in spazi così ampi e con pubblici così numerosi nonostante un’attitudine totalmente contraria a quella degli standard classici del concerto rock. E questa è ancora un’ottima notizia.


Quel che rimane il giorno dopo

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Radiohead live @ Firenze, 14 Giugno 2017, foto di OnStage

Col senno di poi, la vera sorpresa – a giudicare da come ci si è rapportati a tutto questo – è stata constatare come anche tra teatrini e catastrofi annunciate, la globale reazione è stata quella giusta, cioè quella della ricerca dell’emozione. Il giorno dopo il richiamo comune è stato “ecco perché esserci”. Ecco perché raccontare di una storia d’amore che un livello artistico tale è in grado di portare al pubblico. Ecco perché sarà necessario incontrare i Radiohead almeno una volta nella vita. Non è questione di scelte di scaletta, non è questione di visuals e intrattenimenti vari, non è questione di attendere al varco per fare la foto del secolo al concerto che tutti recensiranno, domani. È una cosa fuori da ognuna di queste logiche, molto più profonda e che è possibile sentire nella pelle, perché affascinante quanto enormemente difficile da sintetizzare in parole. Servirà molto di più di un razionale spiegone su come percepiamo la musica oggi, per spiegarlo a chi non c’è stato, ed è bastato ascoltare in silenzio, come una platea gremita su un prato a metà Giugno, per capire quanto è vero che chi c’era ha avuto ragione.

Giovanni Coppola, Jacopo  Francesco Mascoli

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