Il vero significato di Perfect Day di Lou Reed

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Due Americhe. Una rappresentata dai Beach Boys, dai Doors, dal sogno dell’eterna estate californiana, da chi professa l’amore libero, facile. Come se fosse facile innamorarsi senza conseguenze… un’America rappresentata da chi assume droghe, volendo far passare il messaggio che, se lo fa, è per un atto di consapevolezza e crescita spirituale, per aprire porte della percezione o per vivere incontri sciamanici nel deserto. E poi c’è un’altra America. Quella di chi guarda la realtà, la fotografa, senza moralismi, senza falsi giudizi di valore. La guarda e basta. Con onestà. Una realtà che ci viene raccontata senza trucco, perché non si ha paura di vedere il lato oscuro che c’è in ognuno di noi, le debolezze, le fragilità, la cattiveria e l’egoismo.

C’è chi non ha paura di dirci che in amore si può soffrire, che è probabile incontrare persone sbagliate e che spesso i sentimenti degenerano perché non sono puri, perché nessuno di noi può dirsi davvero puro. C’è qualcuno che non ha paura di dichiarare che se si prendono droghe è per disperazione, per alienazione, per distruggersi e non per ergersi a pensatori o guide spirituali. Questa persona era Lou Reed. Un artista capace di esplorare il lato oscuro della realtà, le cose di cui nessuno parla e di cui nessuno vuole parlare. Gli angoli bui della vita che ciascuno di noi conosce ma che preferisce non illuminare per salvaguardare l’etichetta, il buon nome, il posto e il ruolo che si occupa nella società, indossando continuamente maschere.

Lou Reed era capace di metterci tutti davanti a uno specchio, contrapponendosi fortemente alla retorica hippy di pace e amore libero che imperversava in California in quegli anni. Un artista profondamente sensibile, che aveva toccato con mano il dolore e visto con i suoi occhi il buio. Lou aveva paura di dormire perché il buio e la perdita dello stato di coscienza lo riportavano alla serie di elettroshock (all’epoca una terapia molto utilizzata) cui i suoi genitori lo obbligarono a sottoporsi da adolescente, per essere curato dalla sua presunta omosessualità. Basta analizzare alcuni suoi album per rendersi conto di questa sensibilità emersa dal dolore, della sua sublime poesia.

Perfect Day, il suo singolo uscito nel novembre 1972 estratto dal suo secondo album Transformer, è semplicemente la “perfect song“. La canzone che ognuno vorrebbe sentirsi dedicare. La più bella di quell’album e forse la più bella in assoluto di questo artista.

You made me forget myself
I thought I was someone else
Someone good

Questi sono i versi che più adoro di questa immortale poesia. È stupendo pensare che esista qualcuno nel mondo che ti porti a dimenticare di essere quello che sei e che ti faccia sentire migliore. Mi ricorda una frase del bellissimo film di Jack Nicholson Qualcosa è Cambiato, dove a un certo punto Jack dice a Helen Hunt: “Tu mi fai venire voglia di essere un uomo migliore“. La persona a cui si rivolge Lou Reed con “You”, nella canzone, è Shelley, una delle donne più importanti della sua vita sin dall’adolescenza e alla quale dedicherà alcune delle canzoni più belle dei suoi esordi (tra cui I’ll Be Your Mirror).

Shelley è stata la prima vera storia d’amore di Lou, durata per tutto il periodo del liceo. Una storia molto complessa e psicologicamente intensa. Lou ha ricordato, in alcune interviste, come fossero belli quei loro incontri… andare a prendere un gelato, andare allo zoo, vedersi un film. Momenti che ci racconta nel testo portandoci a riflettere su come sia bello cercare di godersi i piccoli piaceri della vita, perché di giorni perfetti non ce ne saranno due come la melodia triste e la cadenza della voce suggeriscono. La giornata è stata perfetta e deve essere perfettamente immortalata, per sempre, nel ricordo e nella canzone.

I frutti di quei momenti continueranno a essere raccolti per molto molto tempo, come dice nella frase conclusiva. “You’re going to reap just what you sow” (Raccoglierai ciò che hai seminato), canta nell’ultimo verso. Dietro a un buon raccolto c’è sempre un duro lavoro, così semplice eppure così difficile da mettere in atto. Riuscire ad ascoltarsi e ascoltare, comprendendo le difficoltà, le esigenze e le sensibilità reciproche, non è cosa facile. Ancor più difficile è riuscire a mettere da parte i propri egoismi, egocentrismi e le proprie paure, per dare amore imparando, al contempo, a riceverlo. Il concetto è profondo e parecchio esteso, non basterebbero tutti i libri del mondo per eviscerarlo, eppure Lou riesce a esprimerlo e sintetizzarlo in brevi versi. Indimenticabili.

Tutti i grandi artisti devono qualcosa a Lou Reed. In questo video, prodotto dalla BBC nel 1997 e divenuto poi un singolo di beneficienza di enorme successo, molti di loro si trovano riuniti per rendere omaggio a questa poesia immortale e al suo creatore.

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