Album: RY X – Dawn

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Gli effetti dell’hype musicale li conosciamo tutti e sappiamo che gli entusiasmi prematuri nati dai primi singoli vanno poi confermati in maniera obiettiva in fase album, soprattutto quando il singolo si presta meglio dell’album al sound in questione. Perché è questa la realtà per quando riguarda RY X, no? Singoli come Only (che trovate qui sotto), con la netta carica emotiva e la struttura cantautoriale, funzionano alla grande come ascolti singoli o in video. Su album le cose funzionano in maniera diversa, tipicamente servono più contenuti e una maggiore fantasia e se lo componi di dodici tracce tutte fondate su questo preciso stile (voce protagonista assoluta, accostata da un accompagnamento minimale)… potrebbe succedere qualcosa che sappiamo già.

Perché è già successo, capite? Sull’efficacia del cantautorato minimalista si son già fatte tonnellate di discussioni quando uscì il primo album di James Blake, e alla fine il risultato fu un pubblico spaccato tra fedelissimi e scettici, con la linea di demarcazione tra i due definita soltanto dall’affinità personale. La differenza è che ora questo sound non è più una novità, ma anzi calca la mano sul successo di ciò che già conosciamo per riconquistare lo stesso tipo di pubblico. Il che può funzionare, sia chiaro. È tutto gusto personale. Perché a ragionare in maniera critica (giornalistica, se vogliamo), questo disco non aggiunge nulla a ciò che esiste già. Va preso come nuova interpretazione, e come tale può piacere a molti.

6 / 10

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