Di classifiche di fine anno ne abbiamo abbastanza

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La maturazione dell’individuo passa dal superamento di un comportamento votato all’eccesso, seguito da una successiva fase di rigetto in cui ci si rivolge temporaneamente all’eccesso opposto, per poi finalmente trovare l’equilibrio e ricominciare la crescita forti dell’armonia ritrovata. Detta con termini più popolari: la vita è fatta di alti e bassi. E per andare più in alto (ossia maturare individualmente) serve di tanto in tanto una discesa repentina, giusto per prendere le distanze dalle conseguenze dell’ultimo picco e toccare per un attimo un livello di fondo, seppur relativo, per poi tornare a crescere. Se fossimo una curva temporale, saremmo una linea in continua ascesa ma con una larga oscillazione che alterna salite repentine a brevi discese.

classifiche

Vale per tantissimi comportamenti umani, inclusi quei momenti malinconici che di tanto in tanto capitano a tutti noi. Ma vale anche per quella cosa che in questi giorni, alle battute finali dell’anno 2015, ci assale ripetutamente ogni giorno con un’insistenza quasi violenta: l’inevitabile pratica delle classifiche di fine anno. Che ormai svariano a manica larghissima su ogni tipo e versione, passandosi in maniera minuziosa ogni tipo di specificità, dagli immancabili “migliori album dell’anno” al più ricercato “miglior acuto singolo apparso in una canzone indietronica a voce unica non inclusa in un album“. Con tutte le possibili sfumature in mezzo, che rappresentano un insieme non numerabile.

Ne avete abbastanza, vero? Beh, ve lo confessiamo: quest’anno anche noi. Perché siamo in uno di quegli anni di picco, nella curva crescente che dicevamo prima. Siamo in uno di quei momenti in cui l’eccesso è plateale. Ogni magazine che conoscete ha tirato fuori minimo 5 classifiche, e se era in vena ci ha pure aggiunto un paio di classifiche votate dagli utenti e magari pure commenti alle classifiche degli altri magazine, in un incubo ricorsivo degno del miglior Christopher Nolan.

Eppure, faticherete a riconoscerlo, ma non è un processo di eccesso sempre crescente. Chi vi parla è uno di quelli che in gergo si chiamano “addetti ai lavori” e negli ultimi cinque anni ha vissuto l’entusiasmo del “cazzo sì, l’anno scorso le classifiche variegate del magazine X son state fighissime, quest’anno anche noi!” (picco dell’anno 2012) ai successivi “no raga, smettiamola con ‘sto eccesso di classifiche che alla fine infastidiscono i lettori, quest’anno conteniamoci” (anno 2013 e in parte anche 2014). Il perché non vi sarà difficile immaginarlo: se sei nella redazione di un magazine musicale di riferimento, cerchi di assecondare le sensazioni del tuo pubblico, e finisci – magari senza rendertene conto – per variare la tua posizione in maniera umorale insieme alle spinte di pancia del pubblico stesso. Magari proprio mentre esprimi quella posizione con la spavalderia arrogante di chi è convinto di averla sempre sostenuta a spada tratta (abbiate memoria lunga a riguardo, e non fidatevi delle dichiarazioni al megafono dell’ultim’ora).

Il 2015 è di nuovo l’anno in cui con le classifiche l’hanno fatta un’altra volta fuori dal vasino. Ed è uno di quei momenti ricorrenti necessari in cui riflettere sulla natura delle classifiche e sull’effetto che fanno ai diversi tipi di lettori. A chi piacciono le classifiche di fine anno? E chi invece le detesta? In molti dei magazine che leggete, queste domande non se le pongono nemmeno, e scelgono di sbizzarrirsi o contenersi con le classifiche in base a istinti del momento, proposte dei singoli collaboratori e voglia di raccogliere clic. Qui invece non siamo istintivi, non abbiamo un gruppo folto di collaboratori e dei clic praticamente ce ne freghiamo, ma abbiamo una certa capacità di analisi e alle due domande di cui sopra possiamo rispondere in maniera abbastanza sincera.

A chi piacciono le classifiche:

  • Ai lettori che hanno seguito le uscite musicali dell’anno in maniera altalenante e approfittano delle classifiche per recuperare (in teoria) l’imprescindibile e farsi un’idea a posteriori dell’annata, o di un dato genere
  • Ai fan di un dato autore o magazine che vogliono scoprire la sintesi finale delle segnalazioni del personale beniamino (singolo o collettivo che sia)
  • Ai lettori che la prendono alla leggera e partecipano al gioco delle classifiche appunto come pratica ludica, come fosse il “ce l’ho-mi manca” delle figurine ai tempi delle medie

Chi detesta le classifiche:

  • I lettori che leggono con spirito di scoperta o confronto e vanno alla ricerca di contenuti, aspettativa che viene regolarmente delusa dai listoni di fine anno che riprendono temi già noti e trattati
  • Quella parte di pubblico consapevole che non subisce i mezzi facili e i titoli spiccioli per accalappiare clic e pretendono dal sistema giornalistico di astrarsi un tantino dai giochetti mediatici pseudo-populisti e concentrarsi sull’offrire contenuti originali
  • I lettori che hanno seguito più o meno attentamente l’annata trascorsa, sono in grado di costruirsi la propria classifica personale senza aiuti esterni e non hanno alcuna curiosità o interesse nel leggere quella proposta dall’ennesimo magazine che seguono saltuariamente

Rileggendo quanto appena detto, la cosa si può riassumere nei seguenti termini: pubblicare un calendario compulsivo di classifiche di fine anno ha l’effetto di allontanare un certo numero di lettori “buoni” (quelli che esigono contenuti originali) e attirare un certo numero di lettori “meno buoni” (quelli saltuari, o quelli esterni attratti estemporaneamente dal titolo), mentre lasciano pressocché immutato il numero di fan fedeli (che staranno al gioco, perdonandone eventualmente gli eccessi). Il tutto senza scendere nello specifico di quali classifiche siano più sensate di altre: tipo quelle che ne approfittano per dare un nuovo ordine concettuale alle espressioni di quest’anno (il che è di per sé un contenuto nuovo), o quelle compilate da artisti particolarmente esperti in una data materia (il che aiuta a scoprire sia quello stesso artista, sia musica più di nicchia con la quale probabilmente non si era entrati in contatto).

In base a tutto questo, e coscienti dell’enorme quantitativo di classifiche con cui siamo stati bombardati questo mese, Aural Crave quest’anno non vi offrirà alcuna classifica. Nemmeno la classica top-ten album. Innanzitutto per anticipare quello che matematicamente si verificherà l’anno prossimo (ne vedremo meno della metà, garantito, soprattutto se il pubblico mostrerà il giusto ritorno di disinteresse e malcontento), poi per quanto detto nella nostra mission editoriale circa il restare vicini alle esigenze dei lettori (e l’ultima cosa di cui voi lettori avete bisogno in questo momento è un’altra classifica), infine perché crediamo che a fine anno si possa dare dei contenuti di riepilogo originali e interessanti che non siano le solite, banali classifiche: è quello che abbiamo fatto con la serie “Il 2015 in 12 singoli“, che mirava a fare un bilancio dell’anno trascorso, soppesandone le espressioni principali e lo stato di salute dei vari generi e trend, prendendo ogni volta come spunto da cui partire un singolo rappresentativo.

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Ecco, noi quest’anno vi rimandiamo a quell’unico riepilogo, perché questo per noi significa offrire i contenuti che gli altri trascurano, e nello stesso tempo offrire un legittimo riepilogo in un momento dell’anno in cui fare un bilancio è un istinto naturale. Per quest’anno le classifiche le lasciamo agli altri. E per quanto riguarda l’anno prossimo… beh, valuteremo sul momento quale sarà il modo migliore per darvi ciò che vorreste leggere, evitandovi ciò che vi causa rigetto da overdose. La soluzione c’è sempre, se si ha la capacità di identificare bene il problema.

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