Sciuscià: la società perduta, il Neorealismo di Vittorio De Sica

Posted by

”Quando la vita ruba alla vita”

Una musica all’apparenza allegra ma che quasi ricorda una marcia sembra anticipare il destino dei suoi protagonisti.

Una corsa a cavallo tra ragazzi e per i ragazzi. Così inizia Sciuscià. Film di Vittorio De Sica con la sceneggiatura firmata dal più celebre ma sempre in sordina, Cesare Zavattini che insieme a Roma Città Aperta e Paisà saranno i film cardine del tutto italiano Neorealismo. Proprio il cavallo è l’animale desiderato dai due giovani amici: Magi Pasquale, poco più grande di Filippucci Giuseppe, che lavorano come sciuscià (shoesshine) della Roma che durante la seconda guerra mondiale grondava di americani da poco sbarcati. Pasquale e Giuseppe desiderano acquistare un cavallo per potere essere liberi e felici e vivere, forse, la spensieratezza di una adolescenza che gli è stata tolta troppo presto.

”La discesa”

Attilio, fratello di Giuseppe, che come tanti all’epoca erano costretti a rubare o truffare per tirare a campare informa di una ”vendita” di coperte che i due devono fare in cambio di una elevata somma che gli permetterà di ottenere il loro amato amico a quattro zampe così da essere finalmente felici, spensierati. Ragazzi!. Le cose non andranno come previsto e saranno arrestati per truffa e imprigionati nel carcere minorile di. Da qui in poi inizia la loro discesa nell’inferno della vita da galeotti ma soprattutto la realizzazione che il male si nasconde ovunque anche dove non ti aspetteresti.

”Pinocchio e il gatto e la volpe”

La vita in galera si sa non è semplice e se ci si lascia influenzare è ancora peggiore. Pasquale, infatti, sarà costretto a rivelare che è stato il fratello di Giuseppe il mandante della truffa solo per proteggere l’amico. Giuseppe, un Pinocchio indignato del tradimento e sotto influenza di alcuni suoi compagni di cella, quasi come fossero il Gatto e la Volpe, cercherà di vendicarsi. Dopo diverse vicissitudini, e tante risse, durante una proiezione dell’attacco navale tra americani e giapponesi, che vede riuniti tutti i detenuti, Giuseppe scapperà e in quel trambusto morirà calpestato il piccolo e malato amico napoletano che pochi minuti prima aveva spronato Pasquale ad essere felice anche solo per un momento:

Pascà. O mare!

Un momento di gioia in tutta quella morte e sofferenza. Un attimo evanescente, rapido, fugace, metafora della gioia della vita che è stata rubata a questi ragazzi, da una società cattiva ed ingiusta.

”L’amico ritrovato o quasi”

Giuseppe correrà dal suo amato cavallo insieme ad Arcangeli che finalmente avrà ottenuto il suo ”oro”. Pasquale appresa la notizia si sentirà a sua volta tradito e correrà da lui portando con se polizia e guardie. I due litigheranno e nella rissa il piccolo Giuseppe cadrà dal ponte e morirà e quel cavallo così amato, così agognato e purtroppo oggetto di discordia li lascerà allontanandosi, abbandonandoli, sottolineando così un mondo marcio, cattivo, ingiusto, dove le incomprensioni se non chiarite possono uccidere. Dove anche un simbolo che può rappresentare qualcosa di positivo può abbagliare, confondere, come le persone e la vita stessa.

”L’isola che non c’è”

In quel carcere che sembra un’isola che non c’è con quei bambini sperduti però, che al contrario di Peter Pan, sono stati costretti a crescere velocemente, anche troppo e dove Capitan Uncino non è nè il maestro nè il direttore ma si nasconde in tutti, si nasconde in ognuno e soprattutto in noi. Quando decidiamo di credere agli altri o quando non seguiamo il nostro istinto o quando ci promettono una passeggiata a cavallo. Sciuscià però non è un film di morte ma bensì di amicizia, un valore che se non coltivato nel modo giusto può far male, molto male che ci dice di cercare quell’ amico che abbiamo perso troppe volte e non più ritrovato, se non quando è già troppo tardi.