Arteterapia: si può davvero guarire grazie all’esperienza creativa?

Credete che ascoltare musica, andare ad una mostra o provare a dipingere un quadro, sia solo una forma di distensione o intrattenimento? Beh, vi sbagliate. Ogni forma d’arte, che sia fruita o praticata, può diventare una vera e propria cura per l’anima. L’arteterapia è infatti una forma di psicoterapia che utilizza il processo creativo a fini terapeutici. L’atto creativo viene utilizzato per collegare il paziente alla sua vita interiore, per permettergli di esternare le sue emozioni e infine a trasformarle, guarendo così disturbi fisici o emotivi. L’esperienza creativa diventa un viaggio personale per guarire ferite profonde.

Non è un caso che l’arteterapia venga utilizzata sia in ambito assistenziale che psicologico, nelle scuole come nelle aziende, e persino per favorire la disintossicazione da droghe. Sì è rivelata infatti di grande aiuto per persone con difficoltà psicologiche, fisiche, sociali o esistenziali. Attraverso le loro produzioni artistiche: opere plastiche, figurative, sonore, teatrali, letterarie, fisiche, i pazienti intraprendono un lavoro profondo per entrare in contatto con la propria vita interiore (sentimenti, sogni, inconscio, ecc.), esprimerla e trasformarsi.

Il focus viene posto sulle nostre vulnerabilità, perché l’arte riesce a metterci a nudo, ogni produzione ha un suo significato inconscio e, oltre a permetterci di entrare in contatto con la nostra intimità, ci consente di ricrearci, di crearci di nuovo, in un viaggio simbolico. L’arte diventa strumento indispensabile per stimolare l’esplorazione e l’espressione di sé, nonché la comunicazione di ciò di cui non si è consapevoli. Allo stesso tempo, fa appello all’immaginazione, all’intuizione, al pensiero e alle emozioni. Le immagini o le forme così create, oltre a rivelare alcuni aspetti di sé, possono generare nuove visioni e comportamenti che contribuiranno alla guarigione fisica, emotiva o spirituale. Questo è il motivo perché viene usata in particolare con persone che hanno difficoltà a esprimere i propri sentimenti a parole, con i bambini piccoli e in fisioterapia per sviluppare la fiducia in sé stessi e promuovere la riabilitazione.

Quando nasce l’arteterapia? Nel 1948, in Inghilterra, lo scultore Adrian Hill cominciò a gestire Atelier per traumatizzati fisici e reduci di guerra. Sperimentò il metodo dapprima su sé stesso, quando, ricoverato in un sanatorio per tubercolosi, grazie all pratica del disegno, riuscì a rimettersi dalla malattia contro ogni previsione. Nello stesso periodo, in America, la psicologa Margareth Naumburg, utilizzò per la prima volta il termine arteterapia, mentre utilizzava il disegno come terapia psicologia per i bambini. Nel XIX secolo, lo psichiatra Jean-Pierre Klein portò l’arte nelle case di cura per far uscire i pazienti dall’apatia. il neurologo Jean-Martin Charcot utilizzò una griglia psichiatrica per individuare, nei disegni o nei dipinti, i segni di malattia dei loro autori. Ponendo così l’accento sulla decodificazione di un’opera e sul suo rapporto con l’autore per un’analisi psicoanalitica.

“L’immagine, sia essa pittura, disegno, scultura, fumetto, fotografia diventa comunicazione e luogo di relazione. Con le sue immagini la persona che intraprende un percorso arteterapeutico può raccontare dell’idea di sé, della propria visione del mondo, del proprio immaginario. Può narrare della propria “malattia”, del proprio disagio esistenziale.” Afferma Liliana Brivio del direttivo ArTeA Arteterapeuti Associati. Nel “fare arte” si intraprendono percorsi di introspezione, si sviluppa una modalità di comunicazione non verbale, si impara ad ascoltare le emozioni e si riflette sulle proprie relazioni. Attraverso l’arte riusciamo con naturalezza ad esplicitare contenuti intimi e li elaboriamo per trovare delle risposte.

I programmi terapeutici comprendono ogni forma d’arte: teatro, musica, scrittura e arti visive e non è necessario essere esperti per partecipare. “Quello che accade durante una sessione è spingere il paziente a lasciarsi andare, a riacquistare fiducia. A differenza di un normale corso artistico i materiali artistici vengono usati liberamente e in modo spontaneo.” Afferma la psicoterapeuta Estella Guerrera. “L’obiettivo è semplicemente godere della produzione, cercare la gratificazione sensoriale”. La dott.ssa Guerrera ha uno studio atelier a Bologna e offre percorsi di arteterapia personalizzai che aiutano i pazienti a sciogliere i blocchi emotivi, visualizzare emozioni e desideri, liberare la creatività. In termini terapeutici il processo creativo viene utilizzato con lo scopo di integrare la parte conscia con l’inconscio, favorendo così lo sviluppo personale ed emotivo.

Numerosi sono i benefici che si possono trarre da questa disciplina. Si va dalla crescita della propria autostima, alla riduzione di condizioni di stress psicofisico. Migliorano la capacità di comunicare con gli altri e la concentrazione. Hervé Platel, professore di neuropsicologia all’Università di Caen, afferma che “la pratica artistica ci permette di essere nel momento presente e di evitare che la mente vaghi verso pensieri ossessivi e angoscianti che ci frullano in testa”. Il neuropsicologo analizza anche i benefici della musica sul cervello, “quando si ascolta musica”, afferma, “il cervello rilascia endorfine e dopamina, che aumentano la sensazione di benessere e aiutano a combattere lo stress associato all’incertezza”.

La psicologa americana Cathy A. Malchiodi, nota arteterapeuta e autrice di famosi libri sul tema, afferma che “la terapia delle arti espressive libera il potenziale dei sensi per “raccontare la storia” delle esperienze traumatiche attraverso forme di comunicazione non verbali e implicite. Le arti espressive aiutano le persone a comunicare le loro esperienze in modo riparativo, a immaginare narrazioni riparative e, infine, a sostenere la guarigione”. Questo perché l’arte, grazie al suo linguaggio simbolico, crea un ponte con il mondo delle emozioni e con l’inconscio, rendendo in qualche modo più “accettabile” l’esplorazione e l’espressione.

Cathy A. Malchiodi offre, attraverso i sui libri, delle tecniche arteterapiche da poter svolgere da soli a casa. L’importante quando si pratica arteterapia è utilizzare sempre l’intuito, il processo creativo infatti non dipende dal pensiero logico o razionale e non ha regole. L’approccio giusto è quello istintivo, come nel gioco. Jung ha osservato che, senza il gioco, “nessuna opera creativa può prendere forma”. Il gioco è un comportamento che ci permette di sentirci liberi di esplorare ed esprimerci senza giudizi o inibizioni, di partecipare per la pura gioia dell’esperienza. Si può iniziare ad esempio con la pratica dello “scarabocchio ad occhi chiusi”.

Prendetevi qualche minuto ti relax prima di cominciare, ascoltate musica o meditate. Fissate il foglio di carta sul tavolo in modo che non si sposti. Scegliete il pastello o pennarello che volete utilizzare, mettetelo al centro del foglio, chiudete gli occhi e iniziate a scarabocchiare. Fatelo per circa trenta secondi per poi riaprire gli occhi. Osservate attentamente il vostro schizzo e cercate in esso un’immagine (“una forma particolare, una figura, un oggetto ecc.”). Assicuratevi di esaminare l’immagine da tutti i lati. Potete anche appenderla alla parete e allontanarvi per avere una prospettiva completa. Una volta trovata l’immagine, coloratela e aggiungete dettagli per metterla a fuoco. Appendete il disegno e pensate a un titolo.

Non solo la pratica ma anche la semplice fruizione dell’arte può essere molto benefica. Le neuroscienze hanno dimostrano che la contemplazione di un’opera d’arte attiva determinate aree del nostro cervello. Se l’opera ci piace, i circuiti della ricompensa e del piacere si accendono, fungendo da vero e proprio antidepressivo. In seguito secerniamo sostanze chimiche positive come la dopamina, il neuromediatore del desiderio, le endorfine, che calmano il dolore, o la serotonina, che ha effetti ansiolitici. La visita a una mostra, quindi, distende e stimola. Allo stesso tempo, ci permette di evadere dalla vita quotidiana.  È come un viaggio fuori dal tempo e dallo spazio, che allontana i nostri limiti abituali, perché il dialogo che si instaura con un artista allarga il nostro campo visivo. Senza dubbio l’arte è una boccata d’aria fresca di cui le persone hanno bisogno, ancora di più in tempi difficili.