Gattaca: E se Andrew Niccol avesse già capito dove andava a parare la società postmoderna?

Gli anni 90’ si sa sono stati l’inizio di un cambiamento epocale nella società occidentale. Dopo gli sfarzi spendaccioni degli anni 80’, il decennio successivo cominciò a piccoli passi a farci intravedere anche attraverso i film una società ossessionata dal controllo e soprattutto da un capitalismo predatorio che avrebbe accecato la mente dei più, insediandosi prepotentemente come nuova religione del Vecchio continente. Vari film trattati da registi di grande spicco: uno su tutti Terry Gilliam, si sono occupati delle deviazioni delle società cosiddette “moderne” e “democratiche” ed in tempi non sospetti. Uno di questi, poco noto ai più, ma con un piglio decisamente credibile ed inquietante è Andrew Niccol. Il regista neozelandese riesce alla fine degli anni 90’, (periodo assoluto di meteore sia cinematografiche che musicali, e che nonostante l’effimero successo sono riusciti a farsi ricordare), ad intavolare una pellicola dal sapore agrodolce e precursore di molte manie post-moderne.

Nel mondo di Gattaca per ambire ai traguardi di più alto livello bisogna rispondere a dei requisiti di perfezione nel proprio corredo genetico, anche per questo i genitori di quelli che saranno i loro futuri figli, hanno la possibilità di selezionare gli embrioni per eliminare del tutto i difetti di qualsivoglia genere: dai più semplici come ad esempio le calvizie, a problematiche più importanti come ad esempio problemi di carattere fisico. In molti potrebbero dire: “Uhh ma che bello!”, ma in realtà in un mondo sempre meno umanista, anche nelle azioni comuni di empatia, la creazione di un uomo/donna perfetti, comporterebbe degli squilibri sia alla società umana stessa che alla Natura. Così facendo nella società ideata da Niccol, le classi sociali si formano così. Se nella realtà è il censo e relativo conto in banca che “fanno l’uomo”, per quanto questo concetto sia di una spregevolezza assoluta, e ad esempio in “In Time” film del 2011, (guarda caso sempre del regista neozelandese) conta nella scala sociale chi possiede più tempo e di conseguenza può vivere in eterno, in questa pellicola alle pendici del Ventunesimo secolo conterebbe di più chi possiede un corredo genetico migliore.

Gattaca - trailer ita

C’è da dire che in questa società utopistica, neanche tanto a dire il vero, in fin dei conti nella nostra conta molto l’apparire, i genitori del futuro nascituro possono scegliere se concepire il proprio figlio in maniera classica. Ma chi per idealismo fa questa scelta, Come i genitori del protagonista, mettono purtroppo il proprio nascituro già all’inizio della vita in una condizione di sudditanza rispetto ai “geneticamente perfetti”. Il cast è di quelli grandiosi, comprendendo un potpourri di star salite alla ribalta proprio negli anni 90’, e vedono un giovane Ethan Hawke come protagonista, ma anche Uma Thurman e Jude Law, senza dimenticare un grande caratterista del cinema americano come Alan Arkin. La pellicola è piena zeppa di riferimenti “nascosti” che si possono decodificare già dal titolo del film.

Il termine “Gattaca” è stato formulato pensando alle quattro basi azotate che compongono il DNA: l’adenina, la citosina, la timina e la guanina. Le iniziali A,C,T,G, vengono usate anche nei titoli di coda evidenziandole in azzurro e persino nel prologo della pellicola, dove nei nomi degli attori, vengono evidenziate le lettere che andranno a comporre il nome di questa presunta società utopistica. Ma i riferimenti non finiscono qui: Il protagonista Ethan Hawke che nel film prende il nome di Vincent Freeman, chiaramente viene associato alla non uniformazione dell’uomo a questa società opprimente, da qui il Free-man, dall’inglese – uomo libero. Ma il gioco dei nomi comprende anche Uma Thurman, che nel suo ruolo ha il nome di Irene Cassini: Irene nell’etimologia greca rappresenta la pace, ed il cognome è in onore dell’astronomo italiano Giovanni Domenico Cassini, scopritore dei satelliti naturali di Saturno. L’obiettivo di Vincent nel film è proprio quello di raggiungere Titano, pianeta simile alla Terra, che rappresenta la principale luna di Saturno.

Alla fine lo stesso Jude Law/Jerome Eugene Morrow nel suo primo nome “Jerome” ricorda la parole inglese “genome”in italiano “genoma”, in sintesi il complesso dei geni di una cellula o di un organismo. Il suo secondo nome “Eugene” dal greco eu – bene, e genos – nascita, cioè buona nascita o buoni geni, e per finire il cognome “Morrow” forma britannica contratta che allude al “Tomorrow” cioè “il domani”, il futuro. Non per niente, il co-protagonista è un uomo creato in laboratorio. Il dilemma etico dell’uomo che si fonde sempre di più con la tecnologia viene ampiamente preso in considerazione e le fanno da contorno opere architettoniche di un certo prestigio, tra cui l’edificio della sede dell’organizzazione Gattaca: il Marin County Civic Center di uno degli architetti più influenti del XX secolo, Frank Lloyd Wright. L’edificio è stato costruito nel 1957 nella città di San Rafael, (California) ed è stato utilizzato anche da George Lucas nella sua pellicola: “L’uomo che fuggì dal futuro” del 1971. Tutti gli edifici presenti nel film si rifanno proprio all’architettura di fine anni 50’inizio anni 60’, ma anche le acconciature, le auto ed il modo di vestire della società fittizia, strizzando l’occhio anche al filone narrativo dello steampunk, tornato alla ribalta proprio negli ultimi anni.

La stessa lingua utilizzata all’interno dell’organizzazione è l’esperanto, linguaggio artificiale che per quanto utile, può mirare ad un futuro omogeneizzato anche nel linguaggio, anche questo si palesa sempre di più nelle nostre società occidentali, che oltre al pensiero unico, mirano all’unificazione dei pensieri e delle parole. Ora, quali sarebbero le conclusioni da evincere da questo bel film di fine secolo? Gli spunti di riflessione sono molteplici e c’è chi sognerà sempre un mondo del genere: alla fine lo stesso protagonista si ribellerà con tutte le sue forze a questa società, andando fuori dagli schemi di un banale algoritmo che ha la presunzione di dirci chi siamo e dove possiamo arrivare solo secondo le nostre caratteristiche biologiche. Ma allora è giusto un mondo che soffoca l’ambizione dei non allineati? Che non predica l’inclusione e le pari opportunità ai nastri di partenza della propria esistenza?. Francamente no, ed è proprio questo che oggigiorno dovremmo comprendere.