Moonage Daydream: un documentario per riscoprire David Bowie

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“Time may change me, but I can’t trace time.
I said that time may change me, but I can’t trace time”.

“Changes” da “Hunky Dory”, 1971.

Se la strada potesse parlare direbbe che il cammino dell’uomo che cadde sulla Terra 75 anni fa, precisamente a Brixton, Londra, fu così unico e irripetibile che meritava di essere raccontato in un documentario.

Brett Morgen, regista, autore ed editor di Moonage Daydream si è preso la “responsabilità” di condurci in questo viaggio al centro della galassia di David Bowie.

Non è un viaggio semplice, ma a guidarci durante i 140 minuti del documentario è proprio la voce del “Duca Bianco” , estrapolata dall’accesso di Brett Morgen al suo immenso archivio. E quando non è Bowie a parlare è la sua musica a farlo, eloquente come la Classica che molto spesso per esprimersi non aveva bisogno delle parole; ad esempio ascoltando “Subterraneans” siamo catapultati nella solitudine di David a Berlino Ovest, dove stava cercando di ricostruire la sua vita di uomo e di artista “distruggendo” tutto quello che aveva creato fino a quel momento; con gli accordi iniziali di “Space Oddity” invece siamo in orbita con il Maggiore Tom, uno dei tanti alter ego utilizzati dallo stesso David per esprimere i lati della sua personalità ed il suo eterno divenire.

È impossibile definire e catalogare David Bowie come uomo ed artista, ma ciò nonostante Brett Morgen ha voluto esplorarlo in un modo che “probabilmente” non sarebbe dispiaciuto a “Ziggy”, pescando per l’appunto dal -già citato- suo immenso archivio e darci la sua visione, il suo suono.

Sound and vision, ché Morgen grazie alla supervisione di Tony Visconti, -qui nelle vesti di music producer-  e dell’intero sound department di Moonage Daydream è riuscito a donarci una colonna sonora straordinaria, figlia dell’intento di Morgen oltreché di David Bowie.

Moonage Daydream è un documentario il cui merito è l’opportunità di “conoscere più da vicino” l’uomo David Robert Jones e l’artista David Bowie; non ha la pretesa di dirci delle verità assolute sul suo conto, anche perché sarebbe impossibile, però ci offre l’occasione di osservarlo e conoscerlo -ma anche di osservarci e comprenderci- meglio in tutta la sua infinita bellezza, come l’universo e i suoi corpi celesti.