Marco Bergamo: la storia del mostro di Bolzano

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3 Gennaio 1985. È una giornata che sconvolgerà per sempre le esistenze degli abitanti della tranquilla città di Bolzano. Maurizia Mazzotta sta rientrando nella sua casa di Via della Visitazione, quando aprendo la porta si trova davanti a uno scenario straziante. Sua figlia, Marcella Casagrande, 15 anni, giace a terra senza vita. Colpita da una serie di coltellate e uccisa tramite scannamento.

Un evento che lascia tutti scioccati: nessuno riesce a immaginare chi possa aver voluto la morte di una tranquilla studentessa senza nessuna ombra nel passato. Le indagini non portano da nessuna parte, l’unico dato certo sull’assassino è che si tratta di una persona che ha dimestichezza con il coltello.

Nel frattempo i mesi trascorrono e l’omicidio resta insoluto.

26 Giugno 1985. Annamaria Cipolletti, insegnante di 41 anni che la notte si dedica alla prostituzione, viene trovata morta nell’appartamento dove ospitava i clienti. Sul suo corpo 12 coltellate distribuite tra petto, cuore e schiena. Nessuna traccia di violenza sessuale. Sul luogo dell’omicidio è presente un’agenda con un appunto “Marco andato via”.

Due inspiegabili omicidi nell’arco di sei mesi. Un’anomalia che spezza la quiete dei Bolzanini.

Nonostante la stranezza di questa situazione, gli inquirenti non sospettano che dietro a questi casi ci sia la stessa mano. Il tempo passa e i delitti di Marcella Casagrande e Annamaria Cipolletti rimangono irrisolti.

Trascorrono sette anni prima che le strade della città tornino a tingersi di sangue.

7 Gennaio 1992. All’interno di un parcheggio viene scoperto il corpo senza vita di Renate Rauch, prostituta di 24 anni. Sul suo cadavere sono stati inferti una serie di fendenti con un’arma da taglio. Le indagini sulla sua morte si arenarono presto, ma una strana circostanza desta particolare attenzione. Sulla tomba della ragazza venne trovato un biglietto, su cui era scritto:

“Mi spiace ma quello che ho fatto doveva essere fatto e tu lo sapevi, ciao Renate. M.M”.

Sembra a tutti gli effetti un messaggio lasciato dal suo assassino. E cosa significa la firma M.M.?

Trascorrono poco più di due mesi quando il 21 Marzo 1992 Renate Troger, diciottenne donna di strada, viene uccisa e abbandonata in un piazzale. Il bilancio è molto cruento. La giovane è stata strangolata, scannata e ha subito anche 14 coltellate sul corpo ormai inerme.

Questi due delitti fanno subito pensare che qualcuno nella zona stia osservando nel buio i movimenti delle prostitute, con intenzioni decisamente poco rassicuranti. Un predatore perverso che agisce sotto la protezione dell’oscurità.

È estate inoltrata quando si verifica l’ennesimo omicidio, il 6 Agosto 1992. La vittima si chiama Marika Zorzi, prostituta di18 anni. Raggiunta da 28 coltellate che hanno segnato la fine della sua esistenza. È il terzo brutale delitto nel giro di pochi mesi. La situazione è ormai chiara: per le strade di Bolzano si aggira un serial killer.

Subito dopo l’ultima uccisione la Polizia predispone numerosi posti di blocco, ed è proprio attraverso questa operazione che le indagini portano a una svolta decisiva.

Sono le 6 del mattino quando due agenti fermano una Seat Ibiza rossa. Al suo interno c’è Marco Bergamo, 26 anni, operaio per una fabbrica di fuochi d’artificio. Dichiara che si sta dirigendo a Trento per ricevere delle cure mediche. Tutto normale se non fosse che il sedile posteriore è macchiato di sangue e che all’interno del veicolo è presente il portafogli di Marika Zorzi. L’uomo viene immediatamente arrestato.

Dopo essere stato sottoposto a interrogatorio confessa di essere l’assassino di Marika. Mentre si trova in stato di fermo ammetterà la sua colpevolezza anche per l’omicidio di Marcella Casagrande, irrisolto da 7 anni, e quello di Renate Rauch, avvenuto a Gennaio. Viste le similitudini tra tutti i delitti, Marco Bergamo viene accusato anche dei delitti di Annamaria Cipolletti e Renate Toger.

Il Mostro di Bolzano era stato definitivamente fermato.

Marco Bergamo

Nato a Bolzano il 6 Agosto del 1966, figlio di un operaio e di una casalinga. La sua infanzia viene caratterizzata da un ritardo nel linguaggio che complica i suoi primi apprendimenti scolastici. Negli anni successivi sopraggiungeranno altre difficoltà come l’obesità e la psoriasi che renderanno il suo equilibrio interiore ancora più fragile.

Marco è un ragazzo introverso e solitario, dall’aspetto possente e soggetto a scatti d’ira. La sua grande passione sono i coltelli, che comincia a collezionare all’età di 13 anni.

A 18 anni si diploma e inizia a lavorare come manovale, prima di prestare il servizio militare. Quando rientra trova impiego in un’officina meccanica, dove rimarrà per i successivi due anni prima di essere assunto da un’impresa di costruzioni. Dopo questa esperienza trova lavoro in una fabbrica di fuochi artificiali.

Ha 19 anni quando uccide Marcella Casagrande, la sua prima vittima che aveva conosciuto in un negozio di fotografia. Scagliò su di lei la sua furia omicida dopo essere stato respinto.

Tutti i successivi delitti di Bergamo avevano come minimo comune denominatore l’odio viscerale verso il genere femminile, da cui si sentiva costantemente rifiutato.

“La donna mi ha fatto sempre paura. Paura di non essere all’altezza. Questa paura si è trasformata in odio quando ho pensato che una donna mi avesse avvelenato il cane… Era il mio compagno di solitudine, l’amico che non ho mai avuto. La morte del cane mi ha sconvolto. Così ho incominciato a odiare tutte le donne…

Nella sua vita si registra una sola relazione sentimentale, un rapporto che però non sbocciò mai dal punto di vista sessuale.

“Tra il ‘90 e il ‘91, durata sette mesi, senza rapporti sessuali, a parte baci e toccamenti. Lei non mi ha mai toccato nelle parti intime e io neppure, perché avevo paura di un suo rifiuto e per rispetto. Dopo la diffidenza, è passata al rifiuto… La storia con quella ragazza è stata la conferma della mia ipotesi: la donna è proprio un essere ignobile, egoista, una persona che usa l’uomo come l’uomo fuma le sigarette. Lo usa e poi, quando è consumato, lo butta via.”

Bergamo era solito cercare rifugio nella pornografia e nella masturbazione compulsiva, diventando un collezionista di giornali a sfondo erotico.

Nel Maggio 1992, quando la sua carriera di assassino seriale era già avviata, subisce l’asportazione di un testicolo. Secondo le sue dichiarazioni, uccise la sua ultima vittima dopo un alterco che nacque quando lei si accorse della sua menomazione

“Visto che avevo un solo testicolo, disse che non voleva più continuare. Le ho chiesto di ridarmi i soldi, ma lei si è messa a urlare. Ho provato a calmarla, dandole un paio di schiaffi, ma non ci sono riuscito. Mi ha aggredito urlandomi figlio di puttana. È l’ultimo mio ricordo.”

Uccidere le donne era diventata la sua ossessione e la sua unica ragione di vita. Marco Bergamo era una bomba a orologeria che non si sarebbe fermata davanti a niente e a nessuno se non fosse stato catturato.

La condanna

L’8 Marzo 1994, al termine del processo nei suoi confronti, Marco Bergamo venne riconosciuto colpevole di cinque omicidi e condannato all’ergastolo.

Trascorse il resto della sua vita in carcere fino a quando gli venne riscontrata un’infezione polmonare che nel giro di dieci giorni lo portò alla morte, il 17 Ottobre 2017, segnando l’epilogo della vita di uno degli assassini seriali più efferati che siano mai comparsi nel nostro paese.

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Fonti:

poliziapenitenziaria.it – L’oggetto temuto e odiato: la donna. L’incubo di Marco Bergamo
misteriditalia.it – Ritratto di Marco Bergamo, il serial killer di Bolzano