Il discorso di Albert Einstein sulla guerra e il pacifismo

Il breve testo riportato di seguito è tratto dal Il mondo come io lo vedo, una raccolta di brevi saggi scritti da Albert Einstein, pubblicata la prima volta nel 1934.

Discorso a un incontro studentesco per il disarmo (1930)

Signore e signori,

sono molto contento dell’opportunità di dirvi qualche parola sul problema del pacifismo.

Il corso degli eventi negli ultimi anni ha mostrato ancora una volta quanto poco siamo giustificati nell’abbandonare la lotta agli armamenti e allo spirito bellico dei governi. D’altro canto, la formazione di grandi organizzazioni con un vasto numero di membri non può da sola avvicinarci alla nostra meta.

Secondo me, in questo caso il sistema migliore è quello violento dell’obiezione di coscienza, con l’aiuto di organizzazioni per dare un supporto morale e materiale ai coraggiosi obiettori di coscienza in ogni paese. In questo modo potremmo riuscire a rilanciare il problema del pacifismo, rendendolo una vera lotta che attrae nature potenti.

Si tratta di una lotta illegale, ma è una lotta per i veri diritti della gente contro i loro governi, nella misura in cui questi ultimi richiedono da parte dei cittadini degli atti criminali.

Molti che ritengono di essere dei buoni pacifisti scalpiteranno a questo totale pacifismo, per motivi patriottici. Non si può fare affidamento su questa gente in tempo di crisi, come ha ampiamente dimostrato la guerra mondiale.

Vi sono assai grato per avermi concesso l’opportunità di dirvi personalmente le mie opinioni.

Precedenti generazioni ci hanno fatto, mediante una scienza altamente sviluppata e conoscenze tecniche, un dono di grandissimo valore che porta con sé le possibilità di rendere la nostra vita libera e bella come non l’aveva mai goduta nessuna generazione precedente.

Il destino dell’umanità civilizzata dipende più che mai dalle forze morali che è capace di generare.

Perciò il compito che spetta alla nostra epoca è certamente non più facile dei compiti che i nostri immediati predecessori hanno realizzato con successo. Gli alimenti e gli altri beni di cui il mondo ha bisogno possono essere prodotti in meno ore di lavoro di prima.

Tuttavia questo ha reso il problema della divisione del lavoro e quello della distribuzione dei beni di prodotto molto più difficoltoso.

Comprendiamo tutti che il libero gioco delle forze economiche, la ricerca sregolata e illimitata della ricchezza e del potere da parte del singolo non portano più automaticamente a una soluzione tollerabile di questi problemi. Produzione, lavoro e distribuzione devono venir organizzati secondo un piano definito, al fine di impedire che valide energie produttive vengano sprecate e che sezioni della popolazione impoveriscano e ricadano nella condizione dei selvaggi.

Se non viene limitato, il sacro egoismo porta a disastrose conseguenze nella vita economica ed è una guida anche peggiore nelle relazioni internazionali. L’importanza di questo obiettivo è uguagliata solo dall’inadeguatezza dei tentativi fatti finora per raggiungerlo.

La gente cerca di minimizzare il pericolo limitando gli armamenti e promulgando leggi restrittive per la conduzione della guerra.

Ma la guerra non è un gioco di famiglia in cui i giocatori sono lealmente ligi alle regole.

Dove sono in gioco la vita la morte, obblighi e regole vengono meno.

Solo il rifiuto di tutte le guerre può essere d’aiuto in questo caso.

La creazione di una corte internazionele di arbitrato non basta. Vi devono essere dei trattati che garantiscano che le decisioni prese da questa corte siano rese effettive da tutte le nazioni armonicamente. Senza questa garanzia le nazioni non avranno mai il coraggio di procedere seriamente al disarmo.

Immaginate, per esempio, che i governi americano, inglese, tedesco e francese insistano che il governo giapponese interrompa immediatamente le esercitazioni belliche in Cina, pensa un completo boicottaggio economico. Pensate che ci sarebbe un governo giapponese disposto a prendersi la responsabilità di gettare il paese in un’avventura talmente perigliosa? Ma allora perché non viene fatto? Perché ogni individuo e ogni nazione devono temere per la propria esistenza?

Perché ognuno insegue il suo sciagurato vantaggio immediato e rifiuta di sottometterlo al benessere e alla prosperità della comunità.

Ecco perché all’inizio ho detto che oggi il destino della razza umana dipende più che mai dalla sua forza morale. La strada che porta a uno stato felice passa ovunque attraverso la rinuncia e l’ autolimitazione.

Da dove può venire la forza per realizzare tale processo? Solo da coloro che in gioventù hanno avuto la possibilità di fortificare le menti e allargare il proprio modo di vedere le cose tramite lo studio. Per questo, noi della generazione più vecchia, guardiamo a voi e speriamo che tenderete con tutta con tutta la vostra forza a ottenere quello che a noi è stato negato.