Si chiamava William Kemmler il primo uomo ad aprire la stanza della morte. Venne condannato alla sedia elettrica il 6 agosto 1890 per aver ucciso sua moglie con un’accetta. A nulla valsero gli appelli del suo avvocato, che criticava la crudeltà dell’esecuzione, la quale veniva anche osservata da più persone. Fu appoggiata invece dall’inventore della lampadina Thomas Edison, i cui collaboratori avevano contribuito alla messa a punto del primo prototipo di macchina della morte.
L’idea prese piede dalla riflessione su un nuovo metodo per giustiziare i pregiudicati senza farli soffrire troppo, con lo scopo di andare sostituire l’impiccagione.
Le critiche all’esecuzione
Tale tipologia di condanna nel corso della storia è stata a sua volta messa sotto accusa da angosciose dichiarazioni di esperti che hanno portato alla sua abolizione in numerosi stati. Infatti, in seguito al verdetto della Corte Suprema, la sedia elettrica è ancora prevista, ma solo in parte degli Stati Uniti – tra cui Florida, Alabama e Vermont. Il più recente utilizzo è avvenuto in un carcere del Tennessee, nel febbraio 2020. Il condannato, Nicholas Sutton, era un pluriomicida reo di aver assassinato sua nonna, un detenuto del carcere e altre due persone.
Uno tra gli appelli più emblematici è stato quello di Deborah W. Denno – professoressa di diritto alla Fordham University e specializzata in metodi d’esecuzione, secondo cui quando un’esecuzione con la sedia elettrica non va a buon fine, di solito è perché ci sono dei problemi con il rilascio della corrente. Quando ciò accade, il condannato rimane in vita durante la prima scarica.
Nel peggiore dei casi il condannato finisce per bruciare vivo dall’interno, e prima di morire rimane cosciente per alcuni minuti, ma la paralisi gli impedisce di comunicare qualsiasi tipo di lamentela legato alla propria agonia.
In molti sono rimasti con l’amaro in bocca quando, nel dicembre del 1999, l’Assemblea delle Nazioni Unite rifiutò di accettare la mozione di moratoria universale per le esecuzioni capitali in tutto il mondo, proposta dall’Unione europea. La verità è che alle prime reazioni negative del fronte dei paesi pro pena di morte, l’Europa ha fatto marcia indietro: l’unità sulla mozione è risultata instabile, poi fragilissima, sino a sgretolarsi come un castello di sabbia senza fondamenta.
Dopo essere stato uno dei metodi d’esecuzione più comuni negli Stati Uniti per tutto il ventunesimo secolo, non sorprende dunque che molti stati tra cui il Texas abbiano deciso di abbandonare la sedia elettrica in favore dell’iniezione letale, un metodo d’esecuzione solo apparentemente più evoluto. Infatti, se durante quest’altro tipo di esecuzione vengono somministrati insufficienti livelli di thiopental di sodio, l’effetto anestetico può esaurirsi più rapidamente del previsto e il detenuto prova un dolore lancinante prima di giungere all’arresto cardiaco.
Il funzionamento della sedia elettrica
La morte per sedia elettrica avviene in seguito ad una combinazione di asfissia e arresto cardiaco, e di solito il sistema nervoso viene paralizzato. Il corpo subisce delle intense convulsioni, a volte di particolare violenza, e spesso i condannati defecano. La pelle emette una certa quantità di fumo e vapore, probabilmente perché il sangue del condannato bolle. La temperatura corporea si alza a dismisura e la pelle si stacca, mentre di solito compaiono ustioni di terzo e quarto grado sotto il casco metallico.
Prima dell’esecuzione al giustiziato vengono rasati il capo e le tibie, in seguito viene spalmata della gelatina su quelle parti per rendere efficace l’esecuzione, in quanto funge da efficace conduttore.
Poi si procede con l’allacciamento delle cinghie e la corrente viene rilasciata tirando una leva. In alcuni stati la legge prevede che quest’ultima sia tirata in contemporanea da tre boia differenti, in modo tale che nessuno sappia effettivamente se sia stata la sua scarica quella fatale per il defunto.