Curon, la serie TV italiana che ha diviso il pubblico

È uscita da poco Curon, serie TV italiana prodotta da Netflix che è riuscita sicuramente a far parlare di sé, tra chi l’ha amata e chi invece la ritiene una mezza delusione. Vediamo di cosa si tratta analizzando ogni aspetto – positivo e negativo – che caratterizza quest’opera.

Innanzitutto premetto che mi fa sempre piacere quando un prodotto italiano viene sponsorizzato così tanto, dimostrando che quando vuole il nostro paese riesce benissimo a tenere testa alle altre nazioni. Ricordiamo anche che fino agli anni ’80 l’Italia era conosciuta in tutto il mondo per la bravura magistrale di numerosi registi e attori che hanno incantato letteralmente milioni di spettatori in ogni zona del globo. Poi, dagli anni ’90 è decisamente scesa la nostra qualità cinematografica, che raggiunge picchi alti grazie ai pochi che ancora tengono alta la testa e non si limitano a produrre, girare o recitare Cinepanettoni che sono uno la copia mal riuscita dell’altro.

Mi sono approcciato quindi con curiosità riguardo questa nuova uscita, mosso dal fatto che Netflix l’ha distribuita in circa duecento paesi, doppiandola persino in inglese. Ma quindi Curon può essere considerato un prodotto che tiene alta la cultura cinematografica italiana? La risposta non è né si né no, poiché per ora, alla fine della prima stagione, ho notato qualche aspetto positivo ma anche vari punti negativi.

Pro e Contro

CURON | Trailer ufficiale | Netflix Italia

Tra gli aspetti positivi c’è in primo piano sicuramente la scelta della location, Curon è una città che si presta bene a un genere mistery, horror o thriller, il cui lago è veramente caratteristico e affascinante e il folto bosco intorno mette in risalto ancora di più tutto questo alone di mistero che avvolge il paese. Regia e fotografia sono anch’essi promossi, specialmente la seconda. Entrambe riescono a far bene il loro lavoro e non risultano mai utilizzate male o mal gestite, cosa che invece non si può certo dire della colonna sonora e del montaggio sonoro, che sono invece un punto piuttosto dolente per l’intera serie, con musiche spesso poco azzeccate e tendenti all’anonimo, che non riescono a imprimere i momenti e troppo spesso risultano proprio quasi controproducenti per enfatizzare le scene in questione. Per il resto gli altri aspetti tecnici come montaggio o costumi sono nella media, senza essere né particolarmente ispirati ma di certo non sono da considerare bocciati.

Tralasciando il comparto meramente tecnico, passiamo alla trama, anche questa travagliata tra pro e contro. L’incipit di base è certamente interessante, l’argomento del doppelganger è da sempre molto affascinante e Curon, col suo lago misterioso, è indicato per poterlo sviluppare in maniera approfondita, il problema è che – per ora, essendo solo la prima stagione – questo non è stato fatto sufficientemente bene. Durante le puntate ci si chiede svariate cose riguardo i “doppi-ombra” che vediamo, ma non ci viene svelato nulla, da dove vengono? Dove, come e perché si creano? Perché solo alcuni personaggi incontrano il loro doppio? Sono cattivi fino a che punto? Cosa vogliono, qual è il loro fine? Niente di tutto questo viene spiegato, semplicemente vediamo un susseguirsi di doppelganger che senza un motivo apparente appaiono dal nulla e cominciano a perseguitare la loro controparte originale. Per carità, è anche condivisibile il non voler svelare tutto già dalla prima stagione, però il punto è che una volta che si sdogana così agilmente il far vedere in azione questi antagonisti, risulta poco comprensibile il non svelare niente sulle loro origini o sui loro scopi. Per esempio – ammetto che è un paragone molto scomodo siccome stiamo parlando di una delle più grandi opere di sempre – in Twin Peaks il discorso del doppelganger è sviluppato egregiamente e viene spiegato tutto nel momento più opportuno. Nessuno pretende che si raggiungano livelli così alti, di Lynch ne nasce uno ogni cinquant’anni, però la sensazione è che gli sceneggiatori di Curon hanno deciso di lasciare irrisolte questioni solo per il fatto di non dover sviluppare punti nevralgici della trama (e attendere magari un riscontro del pubblico per decidere cosa fare nella nuova stagione).

Altro aspetto critico sono le voci degli attori. Non tanto la recitazione che in media per quanto mi riguarda è sufficiente, non eccelle ma non stona. Il problema sono proprio le voci, durante i dialoghi si fa fatica a capire quello che dicono, alla lunga risulta snervante continuare a tenere le antenne alzate per non perdersi le parole. Il risultato è piuttosto surreale, perché questo è un problema che nemmeno nei film amatoriali succede, possibile che non si sono accorti che si sentono poco i dialoghi? Inoltre, sempre parlando della sceneggiatura, specialmente nei primi episodi, ci sono momenti piuttosto “cringe”. Mi spiego con un esempio. La protagonista, Daria, che entra in classe facendo un discorso da post su Instagram nel quale denigra crocifissi in aula e snobba tutti i suoi nuovi compagni è proprio una caratterizzazione da social network del giorno d’oggi, risulta banale e piuttosto squallido far pronunciare a una ragazzina di sedici anni un monologo del genere, decontestualizzato, poco credibile, abbastanza banale e forzatissimo. Poi dopo aver “sputato in faccia” a tutta la sua classe passerà il resto della serie a fare amicizie e passare le giornate con gli stessi ragazzi che inizialmente snobba. Quindi ripeto, perché mettere una cosa del genere se poi smentisci tutto letteralmente dieci minuti dopo? È palese che gli sceneggiatori hanno voluto inserire questa parte solo per cavalcare l’ondata “anti crocifissi nelle scuole” e spiattellare in faccia agli spettatori quanto cazzuta fosse la nostra protagonista. Sottolineo che il sottoscritto non è neanche un fautore del crocifisso in classe, ci sia o non ci sia per me cambia nulla, ma chi ha visto l’episodio in questione capirà molto bene cosa intendo.

A parte qualche scivolone come l’esempio appena citato però, la trama scorre anche abbastanza bene nel complesso. La sensazione è che con qualche accortezza in più potevano fare un lavoro decisamente pregevole, ma che per incantare troppo la fascia di età adolescente abbiano inserito appunto momenti un po’ imbarazzanti tendenti al fastidioso (come si suol dire, cringe), come quello appena accennato della presentazione in classe o come la madre dei protagonisti, Anna, che si fuma una canna insieme alla figlia (Daria) e si interessa dei suoi vibratori (dai ma seriamente?). Per carità io sono il primo favorevole alla liberalizzazione della cannabis, della libertà sessuale e di culto, ma il punto è che sono proprio momenti forzati che danno quindi fastidio. Man mano che si prosegue la visione, ci addentriamo nella vera storia e la sceneggiatura diventa più solida, comunque con qualche problema che abbiamo accennato anche prima.

Nel complesso possiamo dire che Curon raggiunge la sufficienza (risicata), ma non va oltre. Una buona idea di base, un buon comparto registico e l’aver scelto un ottima location non bastano per renderla una bella serie TV. Le basi ci sono, ma bisognerà sistemare i problemi in vista della seconda stagione (che da come finisce la prima sembrerebbe d’obbligo) altrimenti resterà un progetto magari anche ambizioso ma non riuscito al meglio. Chi grida al capolavoro dovrebbe guardarsi Twin Peaks, Lost o Hauting Of Hill House (restando su generi affini alla serie TV in questione) e capire che i lavori ben fatti sono altri. Chi grida invece allo schifo non tiene presente che è comunque un progetto superiore alla gran parte dei prodotti italiani, quindi ripeto, salvabile sotto vari aspetti.

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