Se Facebook fosse un luogo reale

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– … e così hai la continuity che ti collega la Casa di Carta a Paso Adelante.
– Incredibile, tutto corrisponde.
– Che noia ragazzi.
– Perché? Cosa c’è?
– Ma dai, guardatevi, è estate e voi sembrate due vecchie zie, lì a blaterare sciocchezze. Quando eravamo ragazzi ci siamo fatti due promesse: non diventare banali e niente serie tv spagnole.
– Va bene, ma si cresce.
– Questo è crescere? Giornate tutte uguali? Discorsi tutti uguali? Io non ci sto. Io voglio i colori, le emozioni, il patos, l’estasi di un mondo eccitante e sempre vario. Non questo schifo grigio e insulso.
– Perché hai un pupazzo di Chewbecca?
– Perché mi sento Solo. Ecco! Solitudine, questo è il problema.
– Va bene, cosa proponi?
– Perché non guardiamo un po’ internet?
– No! Aspetta! Non aprire il computer!
– Ma cosa vuoi che… un secondo… cos’è questo vento?
– Chiudi il portatile!
– Non ci riesco!
– È troppo tardi, sta trascinando la casa!
– Cos’è?!
– Un tornado!
– No! È una notizia di cronaca!

– Dove sono?… che diavolo è successo?… questo posto, i suoi colori. Oh Chewbe, mi sa che non siamo più in Veneto.
– Uno straniero! Linciamolo!
– O magari sì. Calma brava gente, i miei livelli di melanina dicono che non avete niente da temere. Che luogo è mai questo?
– Questa è la Magica Terra di Facebook. Qui chiunque può esprimere la propria opinione senza temere conseguenze.
– Opinione su cosa?
– Su fatti di cronaca, proprio come quello che vi ha condotto qui.
– Mi sembra molto democratico, ma non c’è il rischio che il tutto si trasformi in una massa di persone che approfittano dell’apparente anonimato per dare il peggio di sé?
– Certo, fortunatamente esiste “il grande senso di autocontrollo”.
– Meno male.
– Solo che ci siete atterrati sopra con la casa.
– Uh oh.
– E visto che c’è un nuovo fatto di cronaca, ora questo luogo diventerà il caos.
– Voglio tornare subito a casa.
– Puoi cancellarti l’account.
– Lo farei, ma mi serve Messenger, sai per lavoro…
– See, see.
– Qualche altro sistema?
– Segui il sentiero di commenti razzisti, citazioni di Garcia Marquez e cani orrendamente feriti fino alla Città di Smeraldo dell’Ipocrisia, la riconoscerai perché c’ha sopra un layer opaco che cambia con una certa frequenza. Lì incontrerai il Grande e Terribile Zu.
– Il Grande e Terribile Zu?
– È il signore di questo mondo. Forse lui potrà farti tornare a casa.
– Non so come ringraziarti.
– Be’, magari potresti contribuire alla mia raccolta fondi per Ocean Cleanup…
– Mi dispiace! Non sento! Tante belle cose!

– Be’, Chewbe, pare siamo rimasti noi due. Dio questo posto è così strano. Tutte queste foto di bambini. Oh, guarda, un altro miracolo che mi ha fatto rinascere e prendere coscienza di me stessa. Il tuo miracolo non ha il controllo dello sfintere!
– Salve.
– Guarda un po’, uno spaventapasseri parlante.
– Veramente io sono semplicemente un tizio che sul suo profilo ha segnato “lavoro presso me stesso”.
– E io che ho detto? Uno spaventapasseri.
– Ti prego, ho bisogno del tuo aiuto.
– Perché?
– Dopo il grande tornado di cronaca, mi è successo qualcosa. Credo a tutto quello che leggo, ignoro le fonti che uso per elaborare le mie affermazioni, rifiuto di ritrattare qualsiasi cosa io scriva, riesco a contraddirmi senza provare alcun fastidio, a seconda del giorno divento giudice, ingegnere, medico, scienziato o pompiere, non riconosco alcun valore alla storia, diffido di tutto ciò che è sensato e mi considero sempre il più intelligente nella stanza.
– Quindi ti serve un cervello.
– No, mi serve una pagina pubblica, ho finito lo spazio per gli amici.

– Perché secondo te loro non lo sanno? Secondo te loro non si sono messi d’accordo?
– Ma veramente spaventapasseri, io t’ho chiesto solo che ora è.
– È l’ora di svegliarsi!
– Buon dì, signori.
– E mo questo che cosa vuole…
– Da che parte state?
– Prego?
– Chiedevo da che parte state?
– Riguardo a cosa?
– Il tornado di cronaca. Non lo avete visto?
– Sì, certo.
– Ebbene, da che parte della questione vi schierate?
– Non saprei, non ho avuto il tempo di informarmi per bene sulla faccenda.
– Ma sono già passati diversi minuti. Dovete avere un’opinione, altrimenti sembrerete debole!
– Scusi, ma lei chi è?
– Sono l’uomo di latta. Vivo nel regno di Facebook immune al rimorso e al resto delle sciocche, limitanti emozioni umane. Scrivo “cibo per i pesci”, “uno di meno”, “devono stuprarla” o “pena di morte” senza davvero intuire il peso che le mie parole avranno sulla mia vita e su quella delle persone che le leggeranno. Ho un’opinione per tutto e non mi piace nessuno, uso tutte le forme di comunicazione che i social mi offrono per creare conflitto, contrapposizione, ira, odio e dolore. Sfumare, ridimensionare, empatizzare senza scopi strategici o rimanere in silenzio è per i deboli. Io sono forte e devo vincere qualcosa anche se non so bene cos’è. Tutto è politica e la politica è sempre guerra aperta. Amo i cani. Ma solo i miei.
– Quindi…
– Quindi che?
– Un cuore?
– Una carica istituzionale.

– La verità è che la gente è stufa.
– Stufa di che?
– È questo il bello. Di quello che le diciamo noi.
– Uomo di latta?
– Sì?
– Vaffanculo.
– Bravo, questo è lo spirito.
– Roooaaarrr, stronzo!
– Chi è?
– Sono io! Merda!
– Sbaglio o questo tizio mi ha chiamato merda?
– E prima stronzo.
– Esatto, mi fai schifo!
– Ma non mi conosci neppure.
– Non c’è bisogno. Ho provato a fare quello che hai fatto tu e non ci sono riuscito tanto bene, perciò adesso ti odio.
– Scusa, non ne possiamo parlare?
– Assolutamente no.
– Perché?
– Non vedi, sono dietro lo schermo di un pc.
– E quindi?
– In quanto Leone da Tastiera da questo lato dello schermo risulto immune a ogni ripercussione.
– E se ti scrivo in privato?
– Sono affabile e tranquillo.
– Ma sulla pagina…
– Odio te e i tuoi post del cazzo! Sono lunghi, banali, edgy, schierati, poco ispirati, cringe, inutili, niente affatto divertenti e troppo gratis per i miei gusti! Comodo così!
– Immagino che tu voglia il coraggio.
– No, voglio diventare fan più attivo sulla tua pagina. Adoro come scrivi.

– Finalmente eccoci! La Città di Smeraldo dell’Ipocrisia.
– Come sai che è la Città dell’Ipocrisia?
– Be’, è verde.
– Per via dello smeraldo.
– Sì… certo… lo smeraldo…
– SILENZIO! SIETE AL COSPETTO DEL GRANDE E POTENTE ZU!
– Grande e potente Zu, ho compiuto un lungo viaggio per essere qui. Volevo solo tornare a casa, ma durante il cammino ho incontrato queste persone.
– Complotto sionista!
– Gli italiani hanno le palle piene di ste merde!
– Ancora a parlare di Salvini? Ancora?!
– Cioè quasi persone. Fatto sta che ho capito che questo Facebook tira fuori il peggio di ciascuno di noi. Tutto ciò deve cambiare.
– FACEBOOK NON È MAI STATO IL PROBLEMA. IL PROBLEMA SIETE VOI. PATETICI E MISERI, I PEGGIORI NEMICI DI VOI STESSI. FACEBOOK È UN MEZZO, UNO STRUMENTO. E LO STRUMENTO NON È MAI IL COLPEVOLE.
– Ma ci sarà qualcosa che si può fare.
– TU CHIEDI L’IMPOSSIBILE GIOVANE BLOGGER VESTITO DA RAGAZZINA. TU VUOI UNO STRUMENTO CHE PERMETTA DI AVERE UNA REALE PERCEZIONE DI COME VENGONO VALUTATE LE OPINIONI ESPRESSE SUL MIO SOCIAL. CIÒ CHE CHIEDI VA CONTRO LA NATURA STESSA DELL’UOMO E PERCIO’ È IRREALIZZABILE.
– Che ne dici di un pollice in giù?
– BLASFEMIA! FUORI DI QUI! SUBITO!
– Va bene, va bene. Come torno a casa?
– SCHIOCCA I TACCHI TRE VOLTE E RIPETI “NON DEVO SPUTARE NEL PIATTO DOVE MANGIO!”

– Che è successo?
– Eh, è successo che ti sei addormentato.
– Ho fatto un sogno strano.
– Puoi ben dirlo. Parlavi nel sonno. Frasi confuse e neanche mezza erezione. Ci hai spaventato.
– È stato un incubo terribile. Ho sognato un mondo strano. Dove ogni argomento era una scusa per insultarsi, umiliarsi e svendere la propria umanità. I fatti non venivano esaminati, ma selezionati, strumentalizzati e lanciati da una parte all’altra della stanza. La competenza veniva sminuita, la professionalità condannata e l’autorità più riconosciuta era sempre quella meno autorevole. Dopo pochi minuti da una tragedia comparivano già le prime vignette, la politica era tifo, il dolore, la morte, la vittoria e la sconfitta, scuse per liberare i più bassi istinti e la risposta non era mai il silenzio.
– Un posto orribile.
– No, non era il posto. Eravamo noi.
– Tranquillo, è stato solo un brutto sogno. Adesso è finito.
– Meno male. 
– Oh guarda, mentre dormivi è uscito un fatto di cronaca qualsiasi.
– Cos’è questo rumore?
– Il vento. Solo un po’ di vento.

Questo articolo è un’opera di fantasia pubblicata originariamente dalla pagina Facebook “Non è Successo Niente” e gentilmente concessa ad Auralcrave per la ripubblicazione

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