The Cement Garden: il brodo primordiale della letteratura pulp

The Cement Garden è il primo romanzo dello scrittore inglese Ian McEwan ed è stato pubblicato nel 1978, dopo vari esperimenti con la forma racconto (le raccolte First Love, Last Rites del 1975 e In Between The Sheets del 1978). All’epoca dell’uscita del romanzo, l’autore fu etichettato come neo-gotico. E a ragione, visto che le atmosfere delle sue opere, soprattutto le prime, ricordano da vicino quelle di Edgar Allan Poe, Roald Dahl o H.P. Lovecraft. Tuttavia, si tratta semplicemente di richiami, di echi, visto che ciò che McEwan riesce a raggiungere è un realismo molto meno rarefatto rispetto a quanto accade nei lavori degli autori precedentemente citati.

La storia è quella di quattro fratelli: Julie, la maggiore di 17 anni, Jack di 15, Sue di 13 anni e Tom di 6, alle prese con la morte dei genitori. Per sfuggire ad un possibile affidamento ai servizi sociali, decidono di seppellirli in cantina. Da questi presupposti, si dipana una storyline che potrebbe sembrare, all’apparenza, molto simile al modello tracciato da Il Signore delle Mosche (1954) di William Golding. La crudezza del racconto di McEwan, però, lascia ben poco spazio a elucubrazioni utopiche. Tra giochi sessuali, la scoperta del proprio corpo e della sfera sessuale, i ragazzi provano a costruire una vera e propria bolla, a difesa dagli agenti esterni e in cui tutto può succedere. E, di fatti, succede di tutto. Il climax della storia, ad esempio, viene raggiunto con l’incesto tra Jack e Julie che. per proteggersi dall’“estraneo” Derek, pseudo-fidanzato di Julie, si uniscono in un amplesso, atto a cementificare e a ‘portare oltre’ il concetto di intimità fratello-sorella.

È una storia carica di simboli e suggestioni legate allo studio del comportamento umano, e in questo caso di ragazzi lasciati a sé stessi, liberi di provare, di esplorare e di sfogare qualsiasi pulsione. Ovviamente, McEwan non ha inventato nulla: il tema dell’incesto e della vita oltre le regole imposte sono stati trattati ampiamente prima di lui. È la riscoperta di questi stessi temi, il rimescolarli e il riposizionarli sotto una luce differente, che porta alla creazione di un qualcosa di nuovo, di appassionante e di intrigante. Sì, perché innegabilmente il lettore di fine anni ‘70, sopratutto nel Regno Unito all’alba del Thatcherismo, non poteva non essere attratto da una letteratura liberatoria, provocatoria e scardinante come quella presentata in The Cement Garden. Ed era proprio questo, forse, l’intento dell’autore: provocare l’imbarazzo e lo scandalo nel lettore per desideri che sono molto più comuni di quanto si pensi e che sono ben sotterrati dalle imposizioni del mondo moderno.

Quello utilizzato da McEwan è un meccanismo caro all’ondata di scrittori che ha invaso la penisola italica negli anni ‘90. La cosiddetta Gioventù cannibale, infatti, si appropriò del processo da cui scaturiscono vicende come quelle di The Cement Garden o The Comfort of Strangers. Si tratta di mettere in dubbio gli sbocchi ‘reali’ di una storia, il “Cosa succederebbe se…”. In questo caso l’esito narrativo parte dalla domanda “Cosa succederebbe se quattro ragazzi decidessero di seppellire in cantina i propri genitori?”. La cifra stilistica e la particolare vena investigativa delle varie alternative possibili, è un tratto distintivo delle opere dell’autore britannico. Pur non essendo citato esplicitamente tra le influenze degli autori Pulp italiani, è innegabile la vicinanza tra i due mondi. Ma si sa, spesso è difficile parlare apertamente dei propri maestri, soprattutto quelle che segnano di più i propri lavori.

La prima testimonianza di un’opera letteraria che si potesse avvicinare a quanto proposto da McEwan è Altri libertini di Pier Vittorio Tondinelli, uscito nel 1979, ciononostante la vicinanza cronologica potrebbe escludere l’influenza diretta. I vari scrittori successivi, da Niccolò Ammaniti a Aldo Nove, soprattutto nelle prime pubblicazioni (Fango e Superwoobinda), si pongono lo stesso quesito che, probabilmente si è posto anche McEwan, ovvero: “E se la realtà prendesse questa piega piuttosto che questa?”. Gli anni novanta, poi, hanno portato all’estremo l’operazione iniziato in The Cement Garden, modellando tutto il filone narrativo sull’iper-citazionismo, sulla violenza, sull’asprezza delle vicende narrate e sulla commistione di generi.

Ma l’influenza di McEwan non è arrivata solamente in Italia, è chiaro. Anche autori statunitensi come Chuck Palhanhiuk, Bret Easton Ellis e Joe R. Lansdale sembrano posizionarsi sulle stesse frequenze. Ovviamente nello sperimentalismo nichilista degli anni ‘90 c’è sì un’appropriazione di un certo modo di modificare la realtà a proprio piacimento ma è controbilanciato da una radicale trasformazione nello stile, che diventa più asciutto, sintetico e a volte (come nel caso ad esempio di Aldo Nove) quasi indecifrabile e schizofrenico. Caratteristica non presente in modo marcato nello stile dell’autore britannico, raffinato manipolatore del linguaggio e dell’arte dello scrivere. Non è un caso, quindi, che i romanzi di questi autori vengano definiti neo-noir. Allo stesso modo di McEwan, anche ai ‘Cannibali’ venne affibbiata un’etichetta, che per certi versi collima con quella di neo-gotico, cui venne avvicinato lo scrittore britannico. La passione per le atmosfere lugubri, il senso di paranoia, le azioni efferate, il mistero, l’incancrenirsi di situazioni ai limiti della realtà sono elementi che appartengono ad entrambi i generi.

È per queste ragioni che The Cement Garden può essere considerato un vero e proprio apripista (non l’unico, ovviamente) di un genere e di un’ondata culturale che nascerà quasi vent’anni dopo ma che, in un modo o nell’altro, ha lasciato un solco evidente nella letteratura mondiale.

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