Frida Kahlo e l’autoritratto nascosto dietro la maschera della morte

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Amore sfrenato per la propria terra, ossessione per la propria immagine, morbosità autobiografica e autopittorica, incessante ricerca del pungolo con il quale mettere a nudo le fragilità della vita privata e affettiva. Frida Kahlo si rappresenta continuamente, rappresenta la ferita che emerge sopra la maschera della bellezza, dipinge il corpo femminile estraniandolo dal tradizionale contesto della sensualità e valorizzando il dramma del dolore fisico, dell’aborto, della lacerazione psichica, creando ad ogni pennellata il suo stesso mito personale attraverso la ricostruzione di tragiche vicende della propria vita.

E anche della morte. Un elemento fondamentale nella cultura messicana e di conseguenza nell’arte di Kahlo, oggetto del folklore e della tradizione che culmina nella celebrazione del dia de muertos. Tra le numerosissime opere di Frida in cui la sua immagine personale è protagonista, troviamo la Niña con máscara de calavera, una bambina che indossa la maschera della morte; è probabilmente lei stessa da bambina, all’età di quattro anni, che tiene in mano un fiore di calendula e sul volto una vistosa maschera di un teschio, la maschera che nel giorno dei morti si indossa tradizionalmente per metabolizzare il lutto e celebrare, anziché piangere, la morte.

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Frida Kahlo, A Girl with Death Mask, 1938

Il sottotitolo di questo dipinto, Ella juega sola (lei gioca da sola), è la sintesi dell’infanzia travagliata e solitaria di Frida, afflitta da molti problemi di salute fin dalla tenera età e perciò costretta molto spesso a isolarsi, ma anche della sua vita adulta, sconvolta dal tragico incidente che la relegò a letto per molti anni e dal travagliato matrimonio con Diego Rivera; negli anni immediatamente precedenti a questo dipinto infatti Frida si accorse di essere incinta ma ebbe un aborto spontaneo, proprio a causa dei numerosi problemi di salute, e molto turbata da questo avvenimento scrisse poi nel suo diario che uno dei più grandi dispiaceri della sua vita fu quello di non aver avuto figli.

Per i grandi cuori che muoiono nel corpo ma che continuano a battere nel respiro della notte, non ci sono canoni o bellezze regolari, armonie esteriori, ma tuoni e temporali devastanti che portano ad illuminare un fiore, nascosto, di struggente bellezza

Solitaria nella landa deserta, con le montagne innevate alle sue spalle e un cielo cupo, la bambina contrasta con la maschera spaventosa che porta sul viso, evoca la terribile ineluttabilità del destino crudele e violento. Sul terreno, di fianco alla bambina, c’è un’altra maschera, una tigre, che nella tradizione mascheraria messicana è usata come talismano per proteggere gli infanti dagli spiriti maligni.

La maschera della morte, il talismano della tigre, la calendula – la cui nascita leggendaria è legata alla tristezza di Afrodite che in lutto per Adone pianse molte lacrime che appena toccarono terra si trasformarono in fiori gialli, e che nella tradizione popolare si usa per vari rimedi dopo il parto – ci fanno pensare senza indugi allo spudorato riferimento autobiografico di Frida, alla tragedia dell’aborto che avrebbe ispirato questo dipinto. Il fiore di calendula si posa sulla tomba per guidare gli spiriti dei defunti, la maschera della tigre è legata al simbolismo dell’agricoltura e dell’avvicendarsi delle stagioni, quindi naturalmente al ciclo della vita e della morte, un tema tragicamente familiare a Frida Kahlo, con il quale convisse sempre in maniera intima, che si riflette visceralmente nella tradizione messicana e dunque in ogni sua opera.

Originariamente il dipinto fu regalato da Frida alla sua amica attrice Delores Del Rio, e dopo vari passaggi di proprietà è ora esposto al Nagoya City Art Museum, in Giappone.

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