Tra le pagine della meravigliosa autobiografia di Neil Young Il sogno di un Hippie (uno storyteller che si racconta, vi immaginate quanto può essere interessante?), c’è anche un riferimento piuttosto polemico ad una certa tipologia di fruizione della musica in digitale: quella “mainstream”, da catalogo dell’Itunes store. Insomma Mp3, formati lossy, tipologie di esperienze d’ascolto che un po’ sacrificano la qualità audiofila. Già oltre cinque anni fa infatti, Neil era assai amareggiato per la strada che l’audience, in linea generica, stesse imboccando dal punto di vista dell’ascolto degli album. Si presentò proprio nel Settembre 2012 da Letterman con un prototipo di quello che sembrava un elegante fermacarte da regalo di prima comunione: il Pono. Una sorta di lettore per FLAC ed altri formati sonori di qualità eccellente che avrebbe cambiato il destino di grandi labels e piccole etichette. Nel giugno 2014 la macchina dei Kickstarter si mise in moto al fine di raccogliere fondi in cambio di preziosi cimeli: erano disponibili infatti per il pre-order numerosi Pono completamente autografati da band come Metallica o Red Hot Chili Peppers. La cifra incassata a fine campagna fu sicuramente importante: 6,2 milioni di dollari, con tanto di accordi già in tasca con Warner, Sony e Universal. Nel gennaio dell’anno dopo era già pronto lo store, con al suo interno tantissimi capolavori a definizione sonora veramente altissima.
Cose che non funzionarono? Troppe.
Innanzitutto il prezzo lettore (circa 399 dollari) che, inizialmente, arrivava con una memoria di “soli” 64 giga (che in lossless saranno circa un centinaio di dischi, più o meno), sicuramente c’era la possibilità di espandere con una micro sd da 128 ma che, ai tempi, aveva costi maggiori rispetto a come l’avrete trovata su Amazon nell’ultimo Black Friday.
Poi c’era il dilemma maggiore: in un era in cui Spotify bussava alla porta assieme a tutti gli altri servizi streaming nei propri smartphone, perché la gente avrebbe dovuto ricomprare i dischi alta qualità dagli store, pagandoli più del prezzo dei formati fisici? Probabilmente la mazzata finale fu un “Blind test” di David Pogue (Yahoo Tech) che prese 15 volontari presi tra i 17 e i 55 anni. Bendati e messi dinnanzi all’ascolto sia ad un Pono e ai suoi FLAC che ad un normale iPhone e degli AAC, non finirono per preferirne nettamente i benefici del primo. La debacle fu rapida: nel luglio del 2016 lo store andò in modalità “under construction” per non riaprire mai più, la stessa compagnia che lo gestiva (la “Omnifone”) fu comprata presto dalla Apple e Neil non riuscì a trovare alternative economiche, fronteggiando anche i ricavi di un prodotto che proprio non riusciva a decollare. I fan investitori del progetto si sono quindi ritrovati in un paio di anni con dei lettori trasformati in cimeli che già tra qualche anno potrebbero valere una fortuna. Insomma, nonostante il flop, nessuno ci ha realmente perso. Anche perché l’artista si è dato a questa nuova scommessa dai contorni memorabili.
Neil Young Archives ha aperto i battenti ad inizio dicembre ed è una sorta di regalo di natale anticipato per chi ama l’arte in generale: tutta e dico TUTTA la produzione dell’artista (da Aurora, con gli Squires del 1963, fino al nuovissimo The Visitor, uscito in concomitanza con l’apertura del sito), catalogata a livello maniacale per disco, anno ed ulteriori dettagli sulle session. È il songwriter stesso che vi da il benvenuto sul suo sito, con un messaggio introduttivo ed un tutorial caricato su YouTube. Ma il suo fare “alla Aranzulla” non termina certo qui: una volta padroneggiato il menu ad Hamburger in alto a sinistra, si avrà la possibilità di leggere ulteriori consigli direttamente dall’artista. Infatti, se da una parte il sito si comporterà adattando i file direttamente alle capacità del vostro terminale (pc o mobile che esso sia), il display verrà incontro alle vostre necessità, spiegandovi come mai non riuscite a far girare file più pesanti (quindi di maggior qualità) e cosa fare per potenziare il vostro strumento.
Fasi di “enlarge your computer” a parte, ciò che vi aspetta è il tesoro di una biblioteca virtuale ricchissima che, al momento in cui scrivo, è imponente soprattutto fino al 1972: fotografie, memorabilia, testi, video e radio clips sono presenti in molte canzoni come ulteriori contributi storici addizionati. Diviso in tre macro settori: Original Series (gli album di fatto del cantautore), Performance Series (i Live del progetto “Archives”) e le Special Release Series ( dischi inediti riemersi decenni dopo, come il fatato Hitchhiker, registrato in una sola nottata un po’ ebbra). Con tutto questo bendidio è ovviamente normale trovare qualche refuso (ed è infatti possibile contattare i gestori del progetto) e ancora non ha a disposizione l’intera discografia (il periodo Geffen è ancora in costruzione), ma il restante bagaglio artistico è già disponibile alla qualità audiofila di un master serio (24/192).
Non mancheranno in futuro vere perle rimaste in soffitta per decenni, tra cui ricordiamo:
- Early Daze: take alternative e canzone inedite del primo periodo dei Crazy Horse, citate dall’artista proprio nella Biografia di cui sopra
- Homegrown e Chrome Dreams: due dischi totalmente inediti, rispettivamente del 1974 e 1976
- Solo Trans: cenni ai curiosi concerti solisti del 1983, periodo tutt’ora al centro di molti dibattiti tra haters e appassionati dell’era più controversa della carriera di Neil, che iniziava proprio poco dopo quel periodo.
Che altro aggiungere? La parola Gratis.
Perché, attualmente, tutta questa biblioteca sonora è totalmente gratuta e vi ci potete tuffare a testa in giù, muniti già delle vostre cuffie da combattimento. Lasciando magari per un pomeriggio perdere i seed, leachers, YouTube, Spotify e qualsiasi altra cosa vi passi per la mente. Ad esempio chi scrive si è perso in mezzo all’affascinante The Archives Vol.1 Disc 8 North Country (1971-72), con le impagabili session del capolavoro Harvest, l’elegante Words (dall’eccezionale coda finale) e una versione imperdibile di A Man Needs A Maid che suona infinitamente meglio della sua controparte originale. Ma di storie, recensioni e aneddoti da raccontare qui dentro ce ne sono così tante che toccherebbe aprire un Auralcrave satellite anche solo per Neil Young, al fine di dar giustizia a tutte loro. Persino se siete completamente a digiuno con l’artista è una buona occasione prendere un After the Gold Rush, un Ragged Glory o un Tonight’s the Night (appunto!) a caso ed iniziare. Così, con la spontaneità di afferrare un assaggio in una fiera dello street food vicino casa, senza troppe domande e solo per la “fame” che intrattiene i vostri occhi dinnanzi a tale bellezza disposta in fila.
Sicuramente ci sarà un certo quantitativo di pubblico che continuerà a consumare musica con le cuffie tarocche di un mercatino e a 128 kb/s di un Rip preso da un fan video di YouTube, ma la presa di posizione dell’artista è di quelle memorabili, articolate e utili. Una persona che impara dai suoi sbagli anche a settant’anni e trova nuove forme comunicative al fine di insegnare un qualcosa.
Mi vengono in mente un po’ di “giovani vecchi colleghi” che dovrebbero prendere esempio da lui e sono sicuro che di esempi ne avereste anche voi. Ma meglio non perdere altro tempo, i chilometri musicali da fare qui sono tanti, approfittatene finché il serbatoio rimarrà così pieno.
La musica di Neil Young è (anche) su Amazon