“Resistiamo insieme”: la toccante lettera di Akira Kurosawa a Ingmar Bergman

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Creatività, maturità, ispirazione, crescita, declino. Sono temi che ogni artista si pone in maniera ricorrente, anche i migliori. Domande che sorgono sempre come bruchi che mordicchiano l’equilibrio mentale, portando i creativi del nostro mondo a chiedersi se e quando sia ora di smettere. Ognuno dà una risposta diversa, legata al proprio retaggio culturale e all’approccio con cui la società si pone nei confronti dell’evoluzione della propria arte. E spesso i risultati a cui si arriva sono diametralmente opposti.

Nel 1988 Ingmar Bergman, uno dei cineasti più amati di sempre, aveva compiuto settanta anni. Con tre Oscar, sei Golden Globes e sette Palme d’Oro alle sue spalle, pubblicò l’autobiografia The Magic Lantern in cui confessò la propria decisione di smettere col cinema. Bergman era svedese, e lo si può immaginare conforme al modo di pensare occidentale, in cui si crede che la parabola di un artista raggiunga spesso il proprio apice a metà strada della propria carriera, seguito poi da una maturità in cui può subentrare un manierismo diverso dalle prime intuizioni, generalmente considerato meno attraente. Settant’anni, nell’ottica occidentale, è un’età più che accettabile per decidere di interrompere il processo creativo.

Akira Kurosawa, giapponese e immerso con tutto sé stesso nella cultura orientale, era invece di tutt’altro avviso. A quel tempo lui aveva 77 anni e quando lesse l’addio al cinema di Ingmar Bergman, ritenne fondamentale agire. La cultura orientale, si sa, è completamente diversa: maturità significa spesso raggiungimento di un equilibrio che prima non si ha, ed è pensiero comune che il perfezionamento si raggiunga in età avanzata, quando la vecchiaia apporta la saggezza che ogni espressione umana necessita.

Per questo motivo, e per l’enorme stima che Kurosawa aveva di Bergman, gli scrisse una commovente lettera. Spiegando il punto di vista orientale su creatività ed età e affermando sicuro che quello è il momento in cui emerge la vera natura della propria arte. Perché in ogni vita, prima della conclusione, si torna ad essere bambini. La lettera è quella che trovate qui sotto, ed è di un’efficacia motivazionale tale che è bene rispolverarla ogni volta che sorgono dubbi sulle proprie capacità.

Caro Mr. Bergman,
Mi permetta di congratularmi per il suo settantesimo compleanno.

Il suo lavoro tocca profondamente il mio cuore tutte le volte che lo vedo. Ho imparato molto dalle sue opere e ne sono stato incoraggiato. Mi auguro che lei abbia buona salute per creare ancora meravigliosi film per tutti noi.

In Giappone c’era un grande artista chiamato Tessai Tomioka vissuto nell’Era Meiji (tardo 19° secolo). Questo artista dipinse molte eccellenti opere quando era ancora giovane, e quando raggiunse gli ottant’anni egli improvvisamente incominciò a dipingere opere superiori alle precedenti, come se fosse in una magnifica fioritura. Ogni volta che vedo i suoi dipinti mi rendo conto perfettamente che un essere umano non è realmente in grado di creare davvero buone opere prima di raggiungere gli ottanta anni.

Un essere umano nasce bambino, diventa ragazzo, passa attraverso la gioventù, raggiunge il pieno della vita e infine torna ad essere bambino prima della conclusione. Questo è, a mio avviso, il modo ideale di vita.

Immagino che lei concordi sul fatto che un essere umano possa essere capace di produrre opere pure, senza restrizioni, nei giorni della sua seconda infanzia.

Ora ho settantasette (77) anni e sono convinto che la mia vera opera stia appena incominciando.

Resistiamo insieme, per il bene del cinema.

Con i più cari saluti
Akira Kurosawa

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