Allen Ginsberg, Urlo: il libro che sconvolse la beat generation

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“Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte.”

Questi versi taglienti e disperati sono il preambolo di ciò che diventerà il caso editoriale del XX secolo, oltre che il poema per eccellenza della Beat Generation, movimento culturale che destò l’America dal torpore post conflitto mondiale. L’autore è Allen Ginsberg, poeta visionario che incarna al meglio gli ideali portati avanti da questo gruppo di avanguardisti assieme ad altre figure letterarie eccezionali quali Jack Kerouac o William Burroughs. Urlo (Hawl) è una ballata psichedelica dedicata dall’autore a Carl Salomon, un amico incontrato nell’istituto psichiatrico in cui era ricoverata la madre di Ginsberg, ed è intrisa dei sentimenti di protesta e ribellione nei confronti dell’autoritarismo della società americana di quel tempo, considerata dall’autore una feroce matrigna.

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Jack Kerouac, Allen Ginsberg e William S. Burroughs nel 1944

Il poema è suddiviso in tre parti. La prima sonda la vera anima di Ginsberg, vagabondo alla continua ricerca di artisti, poeti e drogati di ogni sorta lungo il proprio percorso, in un’altalena di emozioni e situazioni allucinanti. La seconda parte è sferzata dai lamenti nei confronti dello stato americano (denominato “Moloch”, un mostro terrificante che venne spesso “a far visita” all’autore, nelle sue meditazioni spirituali a base di Peyote), mentre la terza parte è rasserenata dall’amicizia con Carl Salomon, col quale ha condiviso le proprie speranze e paure.

“Moloch il cui amore è infinito olio e pietra! Moloch la cui anima è elettricità e banche! Moloch la cui povertà è lo spettro del genio! Moloch il cui destino è una nuvola di idrogeno asessuato! Moloch il cui nome è la Mente!”

Urlo di angoscia e sofferenza rivolto ai ragazzi troppo seri della sua generazione, che vivono una realtà tragicamente autentica a base di marjuana ed insoddisfazione per la loro vita, ma anche di umorismo nei confronti della società. Il libro si conclude con una superba nota finale che racchiude al meglio il suo punto di vista ottimistico (celeberrimo è il ripetitivo mantra “Holy!” (“Santo!”).

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Il cammino dell’opera verso la gloria eterna ha inizio in una magica sera del 1955 al Six Gallery di San Francisco; Ginsberg ed un allora poco noto Jack Kerouac partecipano ad una serata letteraria organizzata dalla comunità Bohémiene locale, in preda ai fumi di un potente alcolico, che sarà la “benzina” ideale per ciò che succederà dopo. Quando arriva il momento di leggere il proprio poema, Ginsberg si esibisce in una recitazione al limite tra l’estatico e il profetico, che squarcia i cuori dei presenti e delinea il momento di rottura dalla cultura letteraria del passato. Infatti questo venne considerato uno dei momenti segnanti di un gruppo destinato a fare la storia del mondo letterario e non, noto ai più col nome di Beat Generation.

“Tutto è santo! Tutti sono santi! Dappertutto è santo! Tutti i giorni sono nell’eternità! Ognuno è un angelo!”

Questo movimento incarnava alla perfezione i pensieri d’insoddisfazione di centinaia di scrittori emarginati. Autori che non riuscivano a trovare un punto d’incontro che riassumesse tutte le loro delusioni e inquietudini sulla società prestampata di quel tempo: tutto ciò fuoriuscì dalla sfera di cristallo di un poeta idealista dotato di un talento eccezionale, eletto all’unanimità uno dei padri fondatori del Movimento, assieme all’amico sognatore e ribelle Jack Kerouac, che eleverà all’estrema potenza il concetto di avventura errante col suo romanzo Sulla Strada.

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Lawrence Ferlinghetti, editore di Urlo, nel 1957

Fu così che nel 1957 Lawrence Ferlinghetti, proprietario della storica casa editrice indipendente City Lights di San Francisco, fece scoppiare a sua insaputa il maggior caso editoriale del XX secolo; egli infatti rimase folgorato dall’incredibile innovazione stilistica apportata da Ginsberg e decise di pubblicare la sua opera, non tenendo conto però dell’impatto devastante che avrebbe avuto sull’opinione pubblica americana. Da quel momento si scatenò un pandemonio nel mondo letterario e Ferlinghetti venne arrestato con l’accusa di oscenità per la pubblicazione del poema, considerato uno scandalo dalla critica conformista che lo accusò di essere totalmente “negativo” e inutilmente osceno. Sia per quanto riguarda i temi trattati (il testo narra l’insoddisfazione e l’impotenza delle classi disagiate posta a confronto del capitalismo “schiacciasassi” tipico delle città moderne, che tutto prende e niente dà), sia per i costanti riferimenti alle tendenze omosessuali ed all’uso di droghe.

“La poesia non è un’espressione. È il tempo di notte, dormire nel letto, pensiero di quello che realmente pensi, rendere il mondo privato pubblico, ed è questo che il poeta fa.”

Il processo si concluse positivamente grazie all’intervento in soccorso della casa editrice da parte di migliaia di letterati, entusiasti dalla ventata freschezza apportata dal poeta e bisognosi di una svolta improvvisa che mancava dai tempi di Fitzgerald e della Lost Generation. Si unì al coro di consensi anche l’Unione per le Libertà Civili Americane, la quale per la prima volta nella storia del sistema giudiziario americano chiamò in causa il primo emendamento, che tutelava la libertà di parola e stampa. Fu così che involontariamente questa sentenza aumentò ulteriormente la già considerevole risonanza del poema nel panorama letterario mondiale e lo tramutò in colonna portante della letteratura americana contemporanea, oltre che un’icona di speranza e simbolo di cambiamento per generazioni intere.

“Sono con te a Rockland
Nei miei sogni cammini gocciolando da un viaggio di mare – sull’autostrada
Attraverso l’America in lacrime verso la porta della mia villetta
Nella notte dell’Occidente.”

 

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