Richey Edwards, il chitarrista che scomparve senza lasciare traccia

È il primo febbraio 1995. Un ragazzo smunto, dai capelli rasati e il viso abbastanza pallido effettua quello che sembra essere un normalissimo check out alla reception di un albergo. Sono appena le sette del mattino e il suo compagno di band James Dean Bradfield sta ancora dormendo qualche stanza più in là. Li aspetta un tour americano che potrebbe dare una nuova svolta alla loro carriera. I Manic Street Preachers sono una formazione alternative rock decisamente promettente, dalle probabili potenzialità commerciali.

Richey però non la pensa esattamente così, anzi, negli ultimi tempi fantasticava una svolta piuttosto ostica per la carriera della band. Voleva un disco che mettesse assieme i Pantera, Nine Inch Nails e Screamadelica. A dirla tutta, aveva confessato alla madre giusto la sera prima di non essere dell’umore per la trasferta che lo attendeva. Probabilmente ha la mente altrove come spesso gli accadeva al periodo. Stava male, Richey. Da tempo l’alcool era diventata la risposta anche alle domande che non si poneva nemmeno. Aveva perso il cane Snoopy a cui era molto affezionato e fronteggiava da tempo una forte depressione, che lo portava a non nutrirsi e in diversi casi di autolesionismo.

Richey_Edwards_4real

Uno di questi era diventato famosissimo: intervistato da un giornalista del NME tre anni prima, in merito all’autenticità dei contenuti della musica della sua band, Edwards si era inciso su un braccio con una lametta la scritta “4 Real”, con la calma di chi sta impugnando il gessetto che disegna su una lavagna che respira. Quel gesto conferì appeal mediatico alla formazione, ma a lui costò ben 18 punti di sutura.

Conduce una vita sfrontata, più o meno al pari di quando si ritrova un plettro tra le mani, nei tre album composti dalla band. Il suo stile è molto vicino al Punk: ferruginoso, ruvido, diseducato. Pare che nei primissimi show con la formazione si esibisse con l’amplificatore al minimo, l’importante era violenza del linguaggio del corpo con cui si esprimeva onstage. Da allora però era tecnicamente migliorato. The Holy Bible era uscito da poco, rappresentando una vetta ineguagliata per la band, in cui mischiavano Magazine, Nirvana e Wire in un sol boccone di nichilismo.

Quella mattina del febbraio 1995, il musicista ha con sé circa 2800 sterline in contanti, ritirate pazientemente a 200 al giorno dal suo conto, oltre al passaporto e a del Prozac legalmente prescritto per la terapia. Arriva nel proprio appartamento a Cardiff il giorno dopo. Al suo interno lascia alcuni libri e videocassette, poi viene visto da un fan alla stazione dei bus di Newport. Il supporter però non è a conoscenza del fatto che Richey abbia fatto perdere le tracce e i due si salutano con normalità. Il successivo avvistamento è del sette febbraio, quando un tassista lo porta fino alla stazione di servizio di Severn View, vicino ad Aust (nel South Gloucestershire), pagando 68 sterline in contanti dopo un giro che includeva anche la sua città natale di Blackwood. Nella stazione di servizio di cui sopra, l’uomo trova la sua Vauxhall Cavalier in cui, con buona probabilità, vive per alcuni giorni. È febbraio e le notti gallesi non sono esattamente clementi se si dorme all’interno di una vettura, così il chitarrista finisce per consumare la batteria dell’auto in quella manciata di tramonti.

E poi?

La polizia riviene il 17 febbraio la vettura in stato di abbandono, con un biglietto del parcheggio scaduto tre giorni prima. Del proprietario però se ne perdono completamente le tracce.

Il primo pensiero va tragicamente al Severn Bridge un ponte limitrofo al ritrovamento della quattro ruote, tristemente noto per essere teatro di suicidi. Ma le ricerche successive non fanno rinvenire nessun cadavere. Le stesse persone a lui care negano possibili chance di un estremo gesto. Per quanto in condizioni malconce, Richey aveva sempre rifiutato di pensare ad una soluzione estrema e ne fanno conferma anche alcune interviste rilasciate un anno prima. Intanto le indagini non portano uno straccio di progresso sulla vicenda. Probabilmente la polizia sottovaluta le condizioni psichiche del soggetto e non si muove con l’adeguata tempestività. Alcune telecamere a circuito chiuso verranno analizzate con la giusta perizia solo a due anni dalla scomparsa.

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Il Severn Bridge oggi

Ma quali altri scenari potrebbero essere ipotizzati in questa controversa storia? Che il musicista abbia optato per una vita errante, magari all’estero. Sembra assurdo per il nostro presente, ma ventidue anni fa era possibile ottenere rapidamente un passaporto valido per un solo viaggio nell’Unione Europea: bastava recarsi ad un ufficio postale con un certificato di nascita. Ma ovviamente è solo una delle ipotesi che si fecero in quei mesi, in un periodo in cui la trasparenza aeroportuale non era al pari dei giorni nostri, tanto meno si disponeva di telefonini e di notizie in tempo reale che potessero aiutare certe tipologie di scomparse. Altre affascinanti ricostruzioni ipotetiche di una premeditata scomparsa volontaria si affacciarono, anche perché coadiuvate da alcuni dettagli. Ad esempio, si venne a sapere che il musicista, la notte prima di dileguarsi, aveva regalato ad una sua amica un oscuro romanzo dal titolo Novel with Cocaine di un autore russo M. Ageyev, dandole istruzione di leggerne anche l’introduzione. Essa narrava della scomparsa dello scrittore dopo un periodo di degenza in un ospedale psichiatrico.

Ovviamente, in una circostanza così nebulosa, volete che non arrivino anche gli avvistamenti di fans sparsi per il mondo? Nel 1996 un professore inglese giura di avere visto Richey in un mercatino di hippie a Goa, in India; l’anno dopo è il turno di una barista che sostiene di averlo incrociato in un locale di Fuerteventura; infine, nel 2004, è il turno di un turista inglese che dichiara di averlo incontrato a Lanzarote, su una spiaggia. Nessuna di queste piste viene comprovata da prove tangibili.

Intanto i Manic Street Preachers il botto lo avevano fatto sul serio: oltre 10 milioni di copie nei successivi album, maggiormente melodici. Everything Must Go, incitava il primo disco senza il loro chitarrista eccentrico, erano infatti andati avanti, ma decidendo di usare per quel lavoro ben 3 testi precedentemente composti da lui. Nel 2002 viene dato alla famiglia il diritto di dichiararlo legalmente deceduto, ipotesi che allontanano per ben 7 anni. Rachel, la sorella, asserisce che ciò non venne fatto come gesto di resa, ma al fine di dare un ordine alla propria esistenza. Lei ancora oggi ci spera. Nel 2017, al The Mirror ha confessato di possedere quel briciolo di positività. Quel raggio di sole che, al tempo stesso, per lei è anche fonte di turbamento. Pochi anni fa lei assistette il padre soccombere lentamente al cancro, decidendo di spargere poi le ceneri sul proprio giardino. Come un libro giunto all’ultima pagina che ti mostra la sua completezza. Nel tomo delle vicende di Richey è come se quella pagina fosse rimasta impigliata a qualcosa. Ed è sicuramente un qualcosa da non augurare a nessuno.

Parlando di volumi, la storia di Edwards fu da ispirazione per diverse elaborati: Rob Javanovic scrisse un volume che ripercorre tutte le testimonianze della vicenda (da cui parzialmente sono presi anche i dettagli di questo articolo), The Search of Richey Edwards of the Manic Street Preachers. Abbiamo inoltre un romanzo dello scrittore Ben Myers (Richard: A Novel), in cui esso immagina di riprendere la vicenda da dove si è spezzata. Infine Guy Mankowski scrisse How i Let The National Grid, prendendo la base dell’avvenimento improvviso. Certamente non poco materiale per un lettore incallito come lui, che i versi di Rimbaud se li portava scritti addirittura negli abiti da scena. Delle tante storie che aveva assorbito, ne ha donata una al mondo che senza dubbio meritava di essere raccontata.

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