Spider-man Homecoming: anche i supereroi sono in crisi

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La crisi ormai colpisce anche i supereroi: non basta essere predestinato, capace di compiere cose impossibili per ogni altro essere umano (essere uno “Übermenschen”, ovvero un “Oltreuomo” e dunque un alieno, anche se per Spider-man il concetto più adeguato sarebbe quello di “ibrido”). No, per avere un posto fisso da supereroe negli Avengers serve il calcio in c**o.

Peter Parker lo sa bene, e dopo uno stage con gli Avengers, si ritrova come disoccupato a dare indicazioni stradali a signore di passaggio e a sventare furti di biciclette. Non un gran trampolino di lancio per la carriera.

A differenza di Peter, alla disperata ricerca di missioni importanti che possano mettere in luce il suo talento e quindi con l’orecchio sempre teso verso il pericolo, il sig. Stark (Iron Man interpretato da Robert Downey Jr.) è un multi-milionario e sembra più interessato alla vita da riccone indaffarato che ai pericolosi criminali, che da strutture aliene ricavano materiale per fabbricare armi hi-tech da vendere al mercato nero. Questa può essere la chance di Spiderman per scalare verso il successo.

E per quanto riguarda trama ed eventi mi fermerò qui. Non voglio svelare altri particolari. Questa recensione non è/non vuole diventare un telegramma/resoconto che annoierebbe lo spettatore e annullerebbe la voglia di vedere il film.

Quando si parla di Spider-man e di film, non si possono non fare confronti con chi si è già cimentato in questa impresa: la trilogia di Spider-man (2002-2004-2007) e la recente doppietta di Amazing Spider-man (2012-2014).

Anche se trasformando in parte la storia, Spider-man è più vicino a quest’ultimo che alla prima trilogia, il che non è un bene. Il primo Spider-man presenta un cast stellare (Tobey Mc Guire, Kirsten Durst, J.K. Simmons, James Franco, Willem Dafoe) e un pathos irraggiungibile, con qualche piacevole piccola nota ironica che spezza la dominante serietà del film.

Homecoming è esattamente l’opposto: Marvel sembra chiaramente voler puntare sull’ironia, che diventa talmente stucchevole che lo spettatore acquisisce la capacità di prevedere quando ci sarà una battuta/scena ironica. Un altro esempio di questa via intrapresa dalla Marvel è il recente Deadpool: questo rende ripetitivo lo stile della casa e guardare un film significherebbe averli visti già tutti.

Unica nota veramente divertente. Una sottilissima critica agli errori cinematografici (quelli dovuti a una sceneggiatura non troppo attenta): Spider-man chiede a un criminale dove trovare il Boss dei criminali, colui che vende le nuove armi tecnologiche (Micheal Keaton) e quando questo risponde che glielo dirà, un estasiato Spider-man ringrazia e comincia ad andar via, quando questi gli ricorda che il luogo non l’ha ancora detto.

Al di là del flop o non flop, potete star certi che di Spider-man Homecoming sentiremo parlare nuovamente fra un paio d’anni. I finali sospesi, le esperienze Marvel passate, le strategie cinematografiche ci hanno insegnato che su un guadagno sicuro si investe sempre. E nessun supereroe ci ha salvato, né ci salverà da Trainspotting 2, Blade Runner 2049, John Rambo e compagnia brutta (sic).

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