Ritorno al Futuro: come nacque la saga che segnò gli anni ’80

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Il 3 luglio del 1985 debuttava nei cinema statunitensi Ritorno al Futuro, il primo film di una trilogia che avrebbe segnato la decade e visto accrescere il suo mito anche presso chi in quegli anni non c’era.

Eppure, il successo strepitoso del primo film e dei suoi sequel nasce (come spesso capita) da una difficile mediazione tra gli autori (Robert Zemeckis e Bob Gale) e chi avrebbe dovuto metter i soldi per rendere concreta l’idea di partenza, che si basava su un’intuizione nata per caso.

Nel 1980, curiosando tra le cose dei suoi genitori, Gale finì sull’annuario del liceo del padre e guardando quel volto familiare, ma sconosciuto, immaginò come sarebbe stato incontrare la versione giovane e adolescenziale dell’uomo che lo aveva cresciuto. Mentre ne parlava con Zemeckis, il soggetto pian piano prese forma, costruendosi attorno all’idea dei viaggi del tempo e del confronto tra la società degli anni 80 e quella degli anni ’50.

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Bob Gale & Robert Zemeckis

Gli anni successivi furono impiegati dai due autori a fare anticamera presso gli studi di produzione, che non sembravano molto convinti da quanto proposto, anche perché all’epoca Ritorno al Futuro era difficilmente inquadrabile in un genere preciso: era un film per adolescenti, uno di fantascienza o per famiglie?

Tra le critiche mosse a Ritorno al Futuro da chi leggeva le varie stesure, c’era quella di non essere abbastanza sboccato come Porky’s per attrarre i ragazzi, ma neanche così rassicurante da poter essere prodotto dalla Disney (una madre che bacia un figlio faceva rabbrividire persino Macchia Nera, e poi Doc Brown muore dopo venti minuti…): d’altro canto, non era neppure sofisticato come Blade Runner o Alien, veri capisaldi della fantascienza.

Zemeckis, inoltre, non aveva una buona fama a Hollywood, anche perché i suoi lavori si rivelavano spesso e volentieri dei flop colossali al botteghino (era stato assieme a Gale lo sceneggiatore del travagliato e deludente 1941: Allarme a Hollywood, la prima vera cantonata di Steven Spielberg) e i produttori non facevano certamente la fila per chiedergli un soggetto.

Per sua fortuna il clone della saga di Indiana Jones (All’inseguimento della Pietra Verde) che girò nel 1984, si rivelò un buon successo e convinse Spielberg a dargli di nuovo fiducia e a spalleggiarlo nella realizzazione di Ritorno al Futuro, storia che lo intrigava parecchio e in cui, proprio per la difficile collocazione come genere, intravedeva qualcosa di mai tentato prima.

Il progetto venne così accettato dalla Universal Pictures: la trama aveva come protagonista il diciassettenne Marty McFly, che si sarebbe trovato per caso a viaggiare nel tempo e, nel tentativo di tornare nel 1985, si sarebbe imbattuto nei suoi genitori e li avrebbe aiutati a mettersi insieme. Ad aiutarlo c’era Doc Brown, un inventore molto sui generis con cui avrebbe condiviso i vari viaggi ed esperienze lungo i tre film della saga.

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La DeLorean DMC-12, l’unico modello prodotto dalla DeLorean Motor Company nella sua breve esistenza

I salti temporali avvenivano inizialmente con un raggio laser e, in una seconda stesura, attraverso l’utilizzo di un frigorifero: gli autori pero’ optarono in favore dell’auto (la DeLorean del 1981), perché turbati dall’idea di eventuali emulazioni di ragazzini che si sarebbero chiusi dentro l’elettrodomestico, rimanendone probabilmente imprigionati.

Michael J. Fox fu subito la prima scelta per la parte del protagonista, ma i suoi impegni con la serie Tv Casa Keaton impedirono all’attore di accettare l’offerta. Si ripiegò su Eric Stoltz, che girò per tre settimane le scene previste, ma che alla fine venne allontanato dal set perché non ritenuto adatto al personaggio (storia che ha sempre convinto poco).

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Eric Stoltz nei panni di Marty McFly

Fox venne richiamato in fretta e furia e convinto a recitare in orari impossibili (di notte e nel week-end), permettendogli così di continuare a partecipare a Casa Keaton. Per il ruolo di Doc Brown venne scelto Christopher Loyd, dopo che John Lithgow, James Woods, Gene Hackman e John Cleese declinarono per vari motivi l’offerta di interpretare lo strampalato genio.

Per la musica si pensò ad Alan Silvestri (già al lavoro con Zemeckis nel precedente film), anche se bisognava convincere lo scettico Spielberg, che non era un grande estimatore del compositore. La solenne epicità che Silvestri riuscì a trasmettere con la sua musica convinse il produttore a dargli fiducia e a non dover cercare altrove.

Il debutto nelle sale decretò fin da subito il successo del film, che rimase in vetta alle classifiche statunitensi per undici settimane e incassò nel mondo circa 400 milioni di dollari in tutto.

Ritorno al Futuro ebbe due seguiti, fino a formare una trilogia che portò i protagonisti (oltre che nel 1955) anche nel 2015 e nel 1885. I continui viaggi nel tempo di Doc Brown e Marty resero la coppia una delle più iconiche del cinema, venendo citata in molti show e riuscendo ad ottenere anche qualcosa di più di una parodia.

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Rick And Morty

Inoltre la saga si affermò come una fucina di scene e situazioni che segnarono l’immaginario collettivo: tra le tante l’assolo di chitarra di Marty durante il primo episodio è probabilmente quella più famosa, anche se Zemeckis rimase in dubbio fino alla fine se tagliarla o meno.

Ritorno al Futuro riuscì a migliorare il concetto di mainstream e diede a Hollywood la possibilità di imporsi ancora una volta come la migliore industria d’intrattenimento. Non male per un soggetto che sembrava non avesse… futuro.

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(Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Rock’n’Blog e concesso ad Auralcrave per la ripubblicazione)

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