Quelli Che Benpensano: dentro la denuncia rap di Frankie Hi-NRG

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È il 1997. Frankie Hi NRG pubblica Quelli Che Benpensano come singolo di lancio per il suo nuovo album, La Morte dei Miracoli. Il pezzo ha un successo incredibile, vince il Pim (Premio Italiano della Musica) inventato qualche anno prima da Musica!, l’inserto musicale di Repubblica, e conquista le radio e le tv musicali. Merito della musica, certo: in un paese allora non certo avvezzo all’hip hop e al rap (salvo alcuni casi isolati come gli Articolo 31), quel groove ansioso della base, incalzato nel ritornello da una tromba strozzata e invettiva, s’infila di prepotenza nelle teste dei ragazzi e delle ragazze. Un mantra ancora difficile da dimenticare o riascoltare senza emozione.

Sono intorno a me
Ma non parlano con me
Sono come me
Ma si sentono meglio

Ma quello che conquista i cuori e le menti è, soprattutto, il testo. Quelli Che Benpensano, ricordiamocelo, è un brano di denuncia, accesa, pungente, senza sconti, al perbenismo dilagante, alla competizione liberista senza scampo: “L’imperativo è vincere / E non far partecipare nessun altro“, una competizione per avere ed ostentare (“Vivon col timore di poter sembrare poveri / Quel che hanno ostentano, tutto il resto invidiano“). È un’Italia con i sacchi di sabbia davanti alla finestra, ma ormai la coscienza un po’ meno pulita di un tempo (“Quelli che la notte non si può girare più / Quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv“).

E che dire di quel video allucinato, di quel taxi a zonzo per una Roma di periferie e cassonetti, palcoscenico dove si recita a soggetto? È uno spazio fisico in movimento, che raccoglie e seppellisce scandali e nefandezze, sotto l’occhio dell’autore (e regista del videoclip), che osserva e registra il tutto per noi. E così il romanzo nero si condensa in poco più di 400 parole, tra il dondolio delle teste di Frankie e Riccardo Sinigallia (gran sacerdote della musica romana di quegli anni, ricordate?) che dicono che no, loro non ci stanno.

Quelli Che Benpensano si inserisce di diritto nel solco della tradizione della canzone d’autore di denuncia politica e sociale; declinata certo con le modalità moderne dell’hip hop. Ma tutto è tranne che una semplice denuncia verso una particolare classe sociale: è uno specchio lucido e tagliente, alzato contro il volto di un paese che credeva ingenuamente di essersi ripulito la coscienza con Tangentopoli, e forse si stava accorgendo che le cose non erano cambiate poi così tanto. Siamo nel 1997: il primo governo di centrosinistra ha iniziato la sua attività da poco, sostenuto nel paese da una grande spinta emotiva verso la prima occasione ad un governo composto anche da post-comunisti, saliti al governo con un ambizioso programma riformista.

In Parlamento in quegli anni si discute, per fare un esempio, di settimana lavorativa di 35 ore. Ma quella innocenza, sembra suggerire Frankie, è già stata persa, e il processo è oramai irreversibile. L’inizio del testo non è un caso: “Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai…“. Sembra dire il rapper siciliano: Quelli Che Benpensano siamo tutti noi, noi che stiamo girando a zonzo il sabato nei centri commerciali, abbiamo iniziato a guardare con troppa invidia la nuova auto del vicino, noi che siamo spinti a leggere ogni rapporto in termini utilitaristici.

Lettura troppo spinta? Chissà. Frankie Hi NRG non è l’unico, in quegli anni, a raccontare senza orpelli ideologici le ipocrisie e le incongruenze della società italiana: di sicuro, nel mainstream, uno di quelli a farlo con meno peli sulla lingua, lasciando ad altri chiavi di lettura più metaforiche. E questa, come sempre, è un’altra storia.

Simone Nocentini

(articolo pubblicato originariamente su mentelocale.it e gentilmente concesso ad Aural Crave per la ripubblicazione)

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